Il Braille strumento essenziale per lo sviluppo della persona

Autore:
Epifanio Nicosia
18/03/2021 - 04:24

L'articolo 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, si focalizza sulla loro educazione.

Si tratta di una serie d'impegni e obblighi degli Stati che hanno ratificato la Convenzione affinché riconoscano il diritto all'istruzione delle persone con disabilità.

Il diritto si fonda innanzitutto sull'abbattimento di ogni discriminazione in ingresso e sul principio delle pari opportunità da garantire ai bambini ma non solo (lungo l'arco della vita, ndr) attraverso un sistema inclusivo finalizzato all'apprendimento, con l'obiettivo di un pieno sviluppo della persona.

Non si tratta semplicemente di rafforzare il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità in generale, ma di realizzare lo sviluppo del potenziale umano che è intrinseco in ognuno di noi, ma che richiede, nel caso dei diversamente abili, un adeguamento delle condizioni ambientali, che riducono o addirittura impediscono, così come sono, la effettiva realizzazione del potenziale della persona.

Si punta al rafforzamento dell'autostima, della dignità di esistere come persona capace di relazionarsi col mondo circostante.

La partecipazione effettiva nella società si consegue attraverso lo sviluppo dei propri talenti e delle proprie abilità, fisiche e intellettuali, della propria creatività, sino al raggiungimento della massima potenzialità ed espressione.

Per la realizzazione di questi obiettivi la persona con disabilità deve avere libero accesso al sistema d'istruzione e devono essere attuate politiche e azioni utili a ciò, anche attraverso sostegni personalizzati che “ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione”.

Particolare attenzione è rivolta dalla Convenzione ai disabili visivi e dell'udito. Per i primi è sollecitato l'apprendimento e l'uso del Braille, della scrittura e dei metodi/sistemi alternativi. È incoraggiata la mobilità e l'orientamento al fine di un miglioramento dell'autonomia personale. Per i secondi, invece, l'apprendimento del linguaggio dei segni.

Grande importanza è rivolta agli operatori impegnati, come gli insegnanti, compresi quelli di sostegno, i docenti con disabilità, gli assistenti alla comunicazione, tutte le figure coinvolte a vario titolo nel processo educativo e persino i dirigenti, affinché si specializzino nelle tecniche d'insegnamento più idonee alla trasmissione del sapere, ivi compresa la conoscenza del Braille e della lingua dei segni.

Abbiamo incontrato Luca Grasso, non vedente e laureato in Filosofia.

 

Cosa ci dici sul “Braille”, è veramente così importante?

«Per me il “Braille” rappresenta tutto. La luce, la conoscenza, la mia base formativa e culturale. Avendo seguito le scuole speciali, le mie maestre e poi le professoresse, che conoscevano il Braille, mi facevano scrivere col “punteruolo”, per poi passare alle macchine meccaniche. Questo mi ha formato enormemente».

Una bella fortuna!

«Sì, ciò è stato per me una fortuna, tanto che ora posso permettermi la sintesi vocale. Se impari a scrivere e leggere non sei un analfabeta. Certo, oggi la tecnologia ti può portare a fare meno uso della scrittura e della lettura. Io stesso sono un appassionato di tecnologia informatica e non, ma quello che ho ricevuto e sono riuscito a conservare nel mio cuore ma sopratutto nella mia mente dipende dalla capacità di leggere e scrivere che ho sviluppato sin da bambino».

Come aiuta nella pratica il fatto di saper scrivere e leggere?

«Ho creato delle mappe mentali e fotografiche, che anche noi non vedenti possiamo avere. Chi parte subito con l'ascolto non memorizza la parola come mappa, come successione di singole lettere che vedi nel caso degli ipovedenti o che tocchi come nel “Braille”, non sa quindi scrivere, e può avere seri dubbi: Z oppure S, doppia oppure no. Tutto questo lo possiamo definire quindi come fonte di cultura. Tecnologia sì, ascolto sì, ma non sottovalutiamo la capacità di scrivere e leggere. Anche la tecnologia poi può avere delle controindicazioni, modeste per alcuni o più importanti per altri. Ma questo dipende da ogni persona. L'intonazione della voce della sintesi vocale, che non è al 100% reale, e può risultare meccanica e neutra talvolta, la velocità che non è uguale a quella delle persone, peraltro differente per definizione».

Parliamo di questa memoria fotografica, allora.

«Questa memoria, fotografica come dicevo, è importante acquisirla sin dai primi anni di scuola, anzi è forse più importante proprio in quegli anni poiché mette le basi, i mattoncini che saranno la struttura portante della tua preparazione, della tua cultura, e della capacità di apprendere, capire, discernere e svilupparti in un contesto educativo e culturale, pari agli altri».

Che cosa auspichi, allora?

«Auspico che vi sia l'obbligatorietà dell'insegnamento del Braille, che dovrebbe essere imposto dal sistema scolastico. L'ascolto non è sufficiente da solo, ma può aiutare e diventare essenziale se hai maturato le condizioni basilari di scrittura e lettura. Mi piace ricordare una frase spesso riportata sulle statue che rappresentano Louis Braille, l'ideatore del “Braille”, e che a lui si riferisce: “Vinse il buio indicando la via della cultura”. Intendendo ovviamente il buio non solo fisico ma anche culturale, e vorrei concludere con una frase forse un po' troppo abusata, per alcuni addirittura una “frase fatta”, ma che fotografa la linea di confine dell'emancipazione, ovviamente dobbiamo calarci nella realtà di allora, nel periodo in cui Louis Braille visse, cioè nel primo Ottocento. Con i ciechi che grazie al metodo Braillepassarono dai gradini di una chiesa alle cattedre universitarie”».

Ci salutiamo amichevolmente col gomito alto, visto il periodo, e ci diamo appuntamento per altri incontri.

 

Foto di copertina: Pixabay

 

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