"La mia vita dopo il cancro": il campione Paolo Pizzo si racconta

Autore:
Sarah Donzuso
15/04/2016 - 09:51

Icona dello sport, memorabile la sua vittoria ai campionati del mondo nella categoria spada, Paolo Pizzo è anche un uomo attento e sensibile alle questioni sociali: da tempo impegnato in diverse cause, ama incontrare i giovani per raccontare la sua storia, ha combattuto contro il cancro riuscendo a sconfiggerlo e per far capire l’importanza del rendersi utili per il prossimo.

Intervistiamo Paolo durante la sua preparazione atletica in vista delle Olimpiadi di Rio de Janeiro e tra una stoccata e l’altra ci parla di sé e del suo impegno sociale.

Partendo proprio dalla sua esperienza personale che gli ha certamente cambiato la vita: “a 13 anni, mentre mi allenavo, mi sono sentito male per l’ennesima volta. Di corsa in ospedale e l’inizio di un lungo e difficile periodo che ha cambiato la mia vita. Analisi dopo analisi, accertamenti vari e poi il responso: tumore al cervello. Per fortuna era di bassa malignità e quindi operabile. Ricordo lo sconforto e la paura e ricordo anche che scoppiai in un forte pianto. Ma il mio spirito sportivo, e soprattutto quello della mia famiglia, è venuto fuori: mio padre, mentre piangevo, venne da me e mi disse di alzare la testa e combattere. Da lì è iniziata la mia rinascita che mi ha cambiato profondamente”.

Alla luce della tua esperienza, Paolo quanto è importante la ricerca? E soprattutto quanto è stata importante per te?

"La ricerca è importantissima in tutti i campi della vita, in particolare quando si parla di malattia e di battaglie contro i mali oscuri che ci attanagliano, come il cancro: senza la ricerca non sarei qui a parlare, a raccontare la mia esperienza. Grazie alla ricerca, a tanti medici, ricercatori che lavorano dietro le quinte, molte malattie adesso si conoscono e si possono curare. E’ anche vero che purtroppo si investe poco in ricerca: se non fosse per finanziamenti di privati nel nostro paese si farebbe poca ricerca. E molte malattie non vengono neanche attenzionate

Hai prestato e presti il tuo volto per varie campagne sociali: che emozioni vivi?

"È bello poter raccontare la propria esperienza perché funge da stimolo: parlo spesso con chi sta male, aiuto chi soffre, mi permetto di dare consigli. Per me essere impegnati socialmente significa anche questo, dare un sorriso per affrontare in modo diverso le malattie, le difficoltà, soprattutto quando mi trovo di fronte ai ragazzi”

Quali consigli daresti ai giovani, ai tuoi coetanei, sulle "regole" da seguire per vivere meglio?

Sport e attività fisica uniti a una buona alimentazione sono la buona regola che dovremmo seguire tutti per migliorare la nostra vita e per accrescere il nostro benessere. Ma per vivere meglio serve anche rispetto: rispetto per la propria persona e rispetto per il prossimo. Concetti che soprattutto i giovani hanno dimenticato ma che andrebbero ripresi. Avere rispetto significa anche capire le difficoltà degli altri e dove possibile aiutare chi ha dei problemi. Siamo esseri sociali e come tali prodigarsi, essere utili è un dovere di noi tutti".

 

La prevenzione è fondamentale: cosa consigli? "La fortuna di essere venuto fuori da una esperienza come la mia ti insegna che la prevenzione è fondamentale: fare controlli con una cadenza regolare è utile e può salvare la vita, può permettere di scoprire patologie che neanche si conoscono e cercare di trovare una soluzione.

E poi dobbiamo sempre di più far capire che fumare accorcia la vita: la prevenzione sta anche nel riuscire a smettere di fumare. Mi colpisce quando vado nelle scuole a raccontare la mia storia, vedere centinaia di ragazzi fumare tanto, così come capita anche nelle università. Oltre che danneggiare se stessi recano nocumento anche a chi sta accanto a causa del fumo passivo. Un altro impegno sociale? Convincere chi ci sta vicino a smettere di fumare, creare una catena e forse qualche risultato riusciamo a ottenerlo. E poi prevenire significa evitare l’uso di prodotti che possano fare male, significa avere rispetto per l’ambiente che ci circonda perché esso è la nostra fonte di vita”.

Veniamo al tuo impegno sportivo: manca ormai poco alla partenza per il Brasile per le Olimpiadi. Che emozioni vivi? 

"Sono assolutamente pronto, non vedo l'ora di partecipare alla mia seconda olimpiade. Sto lavorando tantissimo in questi mesi non concedendomi nessuno svago: penso che questa sia la strada da seguire per ottenere dei risultati. Certo, è un olimpiade diversa rispetto a quella di Londra perché non essendo più un esordiente spero che non mi faccia prendere dall'emozione come accaduto quattro anni fa".

"Ai miei compagni di squadra, tutti e tre esordienti, consiglio ogni giorno di disinteressarsi di tutto ciò che dicono fuori, siano essi messaggi di esaltazione o di contrasto. Il mio suggerimento è di farsi una corazza e le uniche armi da usare sono la quotidianità e la semplicità, nonché il lavoro fatto in palestra: occorre approcciarsi alle Olimpiadi come se fossero gare come quelle che facciamo quasi settimanalmente. Quindi mentalmente bisogna arrivarci bene, senza farsi condizionare dall'evento.

Atleticamente e psicologicamente come ti stai preparando alle Olimpiadi?

"Da gennaio mi sono trasferito a Pisa e sto lavorando qui dove ho trovato un ambiente ideale: si lavora tantissimo e in maniera durissima, con una innata voglia di scoprirsi e scoprire i propri difetti per migliorarsi.

Dalla mattina alla sera siamo in palestra: all'allenamento fisico associo anche un percorso con un mental coach. Un altro elemento che mi aiuta è la mia squadra: siamo ognuno un punto di riferimento per l’altro perché insieme ci sproniamo a non mollare e ad andare avanti. E lo stesso lo facciamo nella vita quotidiana, fuori dalla palestra, cerchiamo di condividere il concetto di squadra per portare avanti idee e progetti che possano essere utili anche da un punto di vista sociale".

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