Attacco a tenaglia contro la Sicilia: incendi oltre ogni immaginazione, riscaldamento climatico e desertificazione

Autore:
Dino Artale
11/04/2024 - 03:44

Nel silenzio sostanziale del sistema mediatico credo nessuno si sia reso conto che il 70% degli incendi in Italia avviene in Sicilia. Quindi la Sicilia è la regione che da anni sta perdendo il suo patrimonio vegetale più della somma di tutti gli altri incendi che avvengono in Italia. Ce n’è abbastanza per dichiarare lo stato d’emergenza e chiamare immediatamente l’esercito.

Se è vero che è la somma che fa il totale, non tutti hanno colto il rischio additivo che rende questi fenomeni pericolosi almeno dieci volte di più. Sono quattro anni che le piogge si sono ridotte oltre i livelli medi del passato, già manca l’acqua per le colture, gli animali, le persone. Sono cominciati i razionamenti dell’acqua mentre da anni gli agricoltori pagano per irrigare rifornimenti che non arrivano e non arriveranno.

In sostanza, tutto quello che scampa agli incendi dolosi andrà incontro ad una morte lenta per mancanza di irrigazione e piogge. La progressione del riscaldamento globale sta superando ogni previsione. Inverni troppo miti, niente neve, pochissime piogge, primavere anticipate con temperature estive, estati infuocate con punte vicine ai 50 gradi completeranno l’opera di una desertificazione già individuata dalla fine dell’Ottocento e che ora viene colta, nella sua impressionante accelerazione, anche dalle intelligenze minori.

All’epoca, 1896, fu Svante Arrhenius, scienziato svedese che ha ricevuto il premio Nobel per la Chimica nel 1903 e pioniere della scienza del clima, a predire la desertificazione legata all’aumento di anidride carbonica CO2 nell’atmosfera. La Sicilia ha il 70% del territorio a rischio concreto di desertificazione e non è una novità. Nell’ambito siciliano la provincia di Siracusa e quella di Ragusa sono a rischio ancora più alto.

Spariscono, giorno dopo giorno, migliaia di ettari di gariga e di boschi, bruciano le colline di tutta la Sicilia. Sono per lo più tutte zone scoscese, senza vie di accesso per i mezzi antincendio. Gli incendi spenti per opera umana ormai si riducono sempre più, spesso si deve rinunciare. In genere i focolai si spengono perché si consuma tutta la vegetazione o cambia la direzione del vento. Pochi i costosissimi interventi dei Canadair e degli elicotteri.

Ormai i cittadini si sono abituati a vedere intere colline annerite e scheletrite in tutte le province, a mangiare frutta di piccola taglia come le arance delle colture che non hanno avuto la fortuna di essere irrigate. In molte aree il colore dominante in autunno, inverno e primavera non è più il verde in tutte le sue sfumature ma il giallo-verde e il marrone.

Piacerà ai turisti questa triste débâcle della tavolozza colorata siciliana?

Quello che ci preoccupa è la paralisi della politica davanti ad un attacco doloso violentissimo alla natura in un momento già fortemente critico per riscaldamento planetario. Persino i bambini sanno che le nuvole sono attratte dalle colline boscose e che le piogge aumentano proprio in quelle aree. Diminuiscono le piogge, si bruciano i boschi, i ruscelli spariscono, i fiumi, già da decenni con portate irrisorie, mostrano i sassi del letto, le zone umide siciliane, regno della leggendaria biodiversità siciliana, son già ridotte ai minimi termini.

Che si debba elaborare un piano in emergenza non v’è dubbio. Il problema in Sicilia è che non si sa amministrare in tempi normali, figuriamoci in emergenza. Al massimo ci si ubriaca di cose che non si possono fare e che serviranno a poco. I droni, i gruppi di volontari antincendio, la protezione civile, i vigili del fuoco (non autorizzati in riserve e zone boschive) hanno un senso se si è in grado di intervenire in pochi minuti e con mezzi e uomini adeguati e preparati.

Sia chiaro: la natura si difende dagli incendi con la prevenzione e la cura del territorio. L’antincendio rafforzato a noi sembra un modo di propinare ai creduloni una parvenza di reazione dello Stato. Può, in qualche caso, limitare i danni, ma non fa resuscitare i boschi e la macchia mediterranea che andavano difesi con le pratiche preventive corrette ed applicate.

La ricorrenza degli incendi dolosi nelle riserve siracusane è tale che non potrebbe esserci prova più chiara della impotenza del Corpo Forestale. Magari sarà difficile intervenire in zone aride e scoscese, ma le riserve dovrebbero avere delle tutele tali che sia impossibile avvicinarsi per incendiare. In esse la capacità di contrasto agli incendi deve essere al massimo livello.

Considerata la reiterazione degli eventi dolosi, un’indagine ben fatta e la conoscenza approfondita dei territori hanno grandi possibilità di individuare i responsabili, senza aspettare di coglierli in flagranza, cosa non facile. Abbiamo dato più volte notizia di prove e fotografie inequivocabili di chi sta incendiando la Riserva Naturale Cavagrande del Cassibile, eppure non se ne è fatto nulla. Tanto che la stessa riserva è già andata a fuoco anche quest’anno in pieno inverno per tantissimi ettari senza alcun intervento utile umano.

Ormai siamo certi che l’interesse privato e la certezza di non essere puniti stanno dietro questa pericolosa spirale di incremento.

Non riusciamo a capire come la classe politica chieda denaro per comprare mezzi antincendio e non sia in grado di attuare la prevenzione. Mezzi antincendio che poi non vediamo arrivare e manca il personale per fare il minimo intervento.

Non riusciamo a capire come, malgrado i divieti di pascolo in riserva e le norme sulle zone incendiate che restringono la maggior parte delle attività sui terreni, si possano trovare mucche da pascolo sia nelle riserve sia nelle zone incendiate. Addirittura intorno alla città avviene che si costruisca in zone incendiate. La cosa più ridicola, nella sua tragicità, è che molte zone incendiate e boschi inceneriti risultano essere integri negli archivi dei comuni e della forestale.

Chissà se non convenga registrare le zone incendiate, in maniera tale che non pendano vincoli limitativi su di esse per molti anni! A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca.

 

L’articolo che avete appena letto è stato scritto dal Medico di Medicina Generale Dino Artale che, insieme al quotidiano La Civetta di Minerva, ci ha gentilmente concesso il permesso di pubblicarlo sulla nostra testata.

 

In copertina: Foto di sippakorn yamkasikorn su Unsplash

 

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