Carmunu Carusu: “Dante trattava versi divini, iu inveci trattu vini diversi”

Autore:
Santi Maria Randazzo
20/11/2021 - 05:24

Cronaca breve di un polemico confronto a distanza tra Mario Rapisardi e Carmunu Carusu (Carmelo Caruso), “pueta di la Motta e forsi ‘ntisu ca di li versi so non fici usu”.

 

Carmunu Carusu è qui ritratto in una foto tratta dalla seconda edizione del libro di Nino Puglisi che ha curato la raccolta delle sue poesie, pubblicata nel 1997 a cura dell’Associazione Casa Normanna - Rione Vecchia Matrice.

Nino Puglisi, che fu bibliotecario comunale a Motta Sant’Anastasia (CT), dice di lui, nella sua introduzione al libro di poesie di Carmunu Carusu: «Abitava proprio nella piazza principale di Motta, ove la moglie gestiva una piccola rivendita di generi alimentari e nei giorni di riposo veniva chiamato dalla folla per recitare qualcosa. E il poeta‘stantaniuera là, sul balcone, ad accontentare, perché chi vive in mezzo al popolo non può e non deve esimersi dalle richieste di esso. Per il popolo “poeta” equivale a “uomo saggio” che ha sempre qualcosa da dire di bello e di utile, in quanto il poeta ammaestra dilettando. Il poeta catanese dialettale Scandurra lo chiamava Maestro. E si esaltava parlando di lui e diceva che Caruso eraGinuinu”, cioè non “Tuccatu né da camula e né da rannula” alludendo a quei poeti che, oltre ad essere scopiazzatori delle cose altrui, scrivevano senza “Sintimentu”».

Alcuni aneddoti della sua vita, la cui narrazione riportiamo integralmente, sono stati raccontati da Mariano Foti nel suo libro Elysia. Dice Mariano Foti nel parlare del rione catanese Zia Lisa: «Non possiamo qui tralasciare un personaggio molto apprezzato nel nostro rione ‘u zu Carmunu ossia Carmelo Caruso (1840-1914) uno dei più quotati poeti dialettali. Dalla Natia Motta Sant’Anastasia scendeva spesso alla Zia Lisa e, quale modesto mediatore di vino all’ingrosso, trattava con fondacari e vinai. Dal suo commercio però non riuscì mai a ricavare gran che, e visse sempre in umiltà una vita piuttosto contadina. Per questo rimase poeta. Di intelligenza veramente elevata, fu fonte inesauribile di versi siciliani. In tutte le circostanze si dava a improvvisare a getto continuo e molti correvano ad ascoltarlo. Tra le sue composizioni poetiche ricorderemo: ‘U Nespulu, I Zappuliaturi, I Quattru Elementi, ‘A Leva, Lu Ucceri, I Dubbi. Si aggiungano i poemetti religiosi: Morti e Passioni di Nostru Signuri Gesù Cristu, San Giovanni, Sant’Anastasia, ‘A Madonna ‘o Carmunu e altri. A un tale che gli disse: “Zu Carmunu vui siti n’autru Dante”, dopo una sonora risata rispose con sapiente acutezza riferendosi al suo mestiere divinaloru”: “‘A differenza è ca Dante trattava versi divini, iu inveci trattu vini diversi”.

Una volta, suo malgrado, fu spinto a uno scontro con Mario Rapisardi. Questi, che insegnava letteratura italiana nella nostra Università, venuto a sapere che a Motta c’era un autentico poeta, con un suo alunno gli mandò a dire che l’avrebbe incontrato con piacere. Carmunu rispose con uno dei motti più espressivi del nostro repertorio popolare: “Cu beni mi voli, ‘n casa mi veni”. Rapisardi, fortemente offeso, gli inviò un biglietto oltraggioso con la scritta: “Fango sei”. Il Caruso immediatamente ribatté:

Fangu fu Adamu e fangu semu tutti,

e di fangu fu nata la virtù;

è tuttu fangu chiddu ca s’agghiutti,

comu di fangu fusti fattu tu!”».

 

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