Donazione di Sangue. Ragusa superlativa, male Catania, malissimo Messina
Secondo i dati del Centro Nazionale Sangue nel 2021 l’acquisto sul mercato estero di immunoglobuline ha pesato sulle casse del Servizio Sanitario Nazionale per oltre 117 milioni di euro. Una spesa che poteva essere ben più contenuta (se non, addirittura, azzerata) nella misura in cui il conferimento di plasma da parte dei donatori di sangue italiani lo avesse permesso.
Se, poi, si tiene conto dell’ulteriore spesa per gli altri plasmaderivati, l’esborso è stato, ovviamente, ben maggiore e, comunque, evitabilissimo in presenza - è il caso di ripeterlo - di comportamenti solidaristici e sociali diversi da parte di quella moltitudine di singoli cittadini che - essendo nelle condizioni di farlo - poteva contribuire ad incrementare (e non di poco) la percentuale risicata di donatori di sangue che oggi viene stimata in appena il 2,7% della popolazione italiana.
Peraltro con divaricazioni enormi tra regione e regione e tra le diverse aree all’interno di una stessa regione (le differenze in Sicilia, tra la provincia di Ragusa e la provincia di Messina, non costituiscono, affatto, un’eccezione) e coincidenze diverse di donatori periodici e di donatori saltuari (quindi: quanto affidabili?) e di quanti conferiscono sangue intero o in aferesi.
Poiché, comunque, resta prioritario il rapporto donazioni/popolazione la tabella che segue permette di offrire alcune prime indicazioni utili per capire come le effettive disponibilità di sangue siano notevolmente differenziate nelle varie parti d’Italia con conseguenti ed inevitabili pesanti difficoltà che gravano, in maggior misura, sui pazienti di quelle regioni i cui concittadini avvertono molto meno la necessità di conferire sangue. Che - è sempre opportuno ricordarlo - è un farmaco salvavita e che non viene prodotto nei laboratori, ma solo donato dalle singole persone fisiche.
Un dato, questo, imprescindibile e che condiziona la sua pronta disponibilità (sempre e in tutti i bisogni). Anche perché il ricorso a compensazioni extraregionali (se e quando possibili) resta una misura emergenziale e, in quanto tale, poco consona per il computo dell’autosufficienza piena e affidabile in ogni angolo del territorio nazionale.
I dati della sopra riportata tabella portano a configurare (molto, molto meno nelle Marche e molto ma molto di più in Campania) una oggettiva difficoltà a poter assicurare una sicura e tranquilla autosufficienza durante tutto l’anno nell’intero territorio nazionale e, contemporaneamente, riuscire a garantire gli occorrenti approvvigionamenti per la produzione di tutti i plasmaderivati necessari alle cure possibili (senza parlare di quanto indispensabile per sostenere adeguatamente le tante interessanti ricerche che, purtroppo, segnano il passo proprio per la difficoltà di avere la “necessaria” materia prima). Ovvie e conseguenti, quindi, le carenze e le responsabilità degli organi istituzionali.
Che, però, non possono arrivare fino al punto di minimizzare (o, ancor peggio, annullare) quanto può e deve essere ricondotto alle espressioni della società civile che, in una logica di insostituibile sussidiarietà, possono e debbono fare.
Al riguardo sembra interessante proporre i dati riferiti alla Sicilia che dimostrano come - indipendentemente dalle colpe addebitabili, di sicuro, al Ministero Centrale ed all’Assessorato Regionale alla Salute - i risultati conseguiti nelle singole nove province siano stati determinati da ben altre variabili. Come, peraltro, è avvenuto in tutte le altre regioni, dove - addirittura e non solo in qualche caso - sono stati registrati risultati provinciali ancor più divaricati.
Il divario tra Ragusa e Messina non è, quindi, una anomalia tutta (e solo) siciliana.
Stante che la provincia di Ragusa, con una popolazione residente pari quasi alla metà di quella di Messina (314.910 abitanti contro 603.980), è riuscita a raccogliere quasi il doppio (29.525 contro 15.301) quanto sembra azzardato arrivare a concludere che i limiti dell’unico Ministero e dello stesso Assessorato Regionale hanno pesato molto meno del civismo e della solidarietà che la comunità iblea ha saputo - autonomamente - esprimere rispetto a quella peloritana?
I formidabili risultati che collocano Ragusa ai massimi vertici (e non solo nazionali) sono da attribuire all’eccezionale e consolidata sinergia tra qualificati professionisti del Servizio Trasfusionale e ammirevoli operatori e volontari dell’AVIS, certamente. Ma senza sottovalutare lo spirito solidale che contraddistingue e anima l’intera comunità iblea, che, in tutte le sue articolate espressioni, si è fatto carico - in prima persona - della questione.
Il primato di Ragusa poggia, infatti, sulla coerente e partecipata consapevolezza che la disponibilità di sangue è data esclusivamente dalla fattiva risposta che ogni singolo cittadino mette in atto; che non esistono “mondi separati”, “realtà” alle quali compete l’onere di raccogliere le sacche ed “altri” che, ignorando i loro personali comportamenti omissivi, si arrogano il diritto di salire in cattedra per limitarsi a censurare le manchevolezze istituzionali relative alla carenza di sangue. Da queste parti, invece, è fortissima e radicata (ormai da decenni) una feconda interconnessione tra i corpi sociali che ha determinato quella condivisa, motivata ed estesa assunzione di responsabilità civile indispensabile per dare la giusta risposta a questo bisogno collettivo.
Determinando, così, le condizioni per intercettare e riuscire a coinvolgere il singolo cittadino.
Un metodo ed un agire - concreti ed individuali - che, sempre più condivisi, hanno portato a risultati che nessuna burocratica campagna di informazione istituzionale potrà mai immaginare di poter conseguire. Neppure lontanamente.
Di Messina si è detto; per quanto riguarda le altre due città metropolitane: benino Palermo (43,97), sopra la media regionale; male Catania (30,21), in penultima posizione. A conferma - se ce ne fosse ancora bisogno - che le azioni di sensibilizzazione ministeriali e/o regionali non giocano, alla fine, un ruolo veramente decisivo e che, invece, sono la mobilitazione effettiva e l’impegno costante dei singoli aggregati della società civile del territorio a fare la differenza.
L'articolo che avete appena letto è l’ultimo di una serie di cinque che viene dedicata alla Campagna di Sensibilizzazione alla Donazione del Sangue e degli Emoderivati avviata da A.D.A.S.
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In copertina: Foto di Robert DeLaRosa da Pixabay
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Catanese, dopo una lunga esperienza sindacale nel comparto della Pubblica Amministrazione, si dedica - nei primissimi anni Novanta del secolo scorso, sulle pagine del quotidiano del pomeriggio di Catania Espresso Sera - all’impegno sociale e civile finalizzato a raccogliere e far emergere le condizioni e le aspettative delle singole 17 Circoscrizioni in cui, all’epoca, era suddiviso il capoluogo etneo.
Dopo la chiusura del giornale, trasferisce lo stesso impegno sulle colonne del settimanale Prospettive, accompagnandolo - con ravvicinata periodicità - a spazi dedicati alle iniziative delle associazioni di volontariato attive nel territorio.
Ha curato il notiziario del Consiglio Provinciale Etneo della Consociazione dei Gruppi Donatori di Sangue “Fratres”, la newsletter della sezione “Antonio Farsaci” del Tribunale per i Diritti del Malato di Catania ed il Bollettino della Conferenza dei Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie della Regione Siciliana.
Con ilpapaverorossoweb torna in campo per un percorso di ricerca e proposizione di frammenti di quanto si sta muovendo nel vasto ed ancora indefinito universo della digitalizzazione sanitaria e della telemedicina in modo da cercare di coinvolgere e stimolare conoscenze e contributi su una materia che, comunque, pregnerà e condizionerà sempre di più l'esercizio della sanità nonché per proporre elementi di conoscenza riguardanti peculiari aree ambientali, come le 74 riserve naturali della Sicilia.