Fast fashion: moda usa e getta versus sostenibilità

Autore:
Giulia Faraone
03/07/2020 - 04:59

Il modo in cui vestiamo e la qualità degli indumenti che scegliamo costituiscono al giorno d’oggi motivo di valutazione da parte della società, che segue in gran parte latendenzadel momento, distaccandosi dal concetto più stretto e consapevole dimoda”. Molto spesso, infatti, tendenza e moda vengono erroneamente considerate complementari.

Il concetto ditendenzaè strettamente connesso ad un prodotto a breve termine, il cui ciclo di vita è composto da tre fasi: introduzione della tendenza da parte dei designer, picco delle vendite e declino, momento in cui il prodotto perderà il suo valore sul mercato, e verrà quindi messo in saldo ed acquistato da chi cerca convenienza o, semplicemente, fatto letteralmente sparire dal punto vendita per diventare rifiuto.

Ma da dove vengono le tendenze? Qualche anno fa, ad esempio, si usava tenere basso il cavallo dei pantaloni per mostrare il marchio dell’intimo. Questa tendenza nacque dal ghetto e tra gli ex galeotti come segno distintivo della loro passata reclusione. In seguito, grazie ai videoclip musicali, specialmente quelli rap, e agli spot pubblicitari questo atteggiamento si diffuse in tutto il mondo per un breve periodo.

Il concetto dimoda”, invece, è qualcosa di personale. La moda, che va di pari passo con lo stile, è business, stravaganza e minimalismo, ma anche eredità, ovvero una combinazione permanente di materiali e colori, che farà sempre parte del vestiario di ogni persona; ad esempio, un paio di blu jeans.

La moda, inoltre, veicola anche un messaggio sociale. Come accade con lo stilista Calvin Klein e il brand Eco-Age Ltd che al Met Gala (esclusivo evento organizzato da Vogue per raccogliere fondi per il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York) hanno fatto indossare all’attrice Emma Watson un abito bianco e nero realizzato con il tessutoNewlife”, costituito al 100 % da bottiglie di plastica riciclata. Questa creazione è scomponibile in diversi pezzi in modo da poter dare vita ad altri abiti. I due marchi hanno così lanciato un importante messaggio sociale sulla moda sostenibile che rispetta l’ambiente, messaggio che ha influenzato anche altre importanti aziende come Adidas, che ha prodotto sneakers realizzate riciclando le reti da pesca. Infatti, negli ultimi anni, con la crescita esponenziale del mercato fast fashion, di cui fanno parte H&M, Terranova, Bershka, PULL&BEAR, Alcott, Zara e molti altri, è stato rilevato un aumento importante dei rifiuti, sia a terra che in mare, costituiti da indumenti che avevano soltanto poche settimane di vita.

Se da una parte troviamo, quindi, convenienza nel comprare una maglia a poco prezzo, dall’altra dobbiamo sapere che questa maglia è costituita perlopiù da materiali sintetici come Elastan, Nylon, Poliestere, che, oltre ad inquinare moltissimo i nostri mari, si deteriorano facilmente a causa di un accorciamento artificiale e volontario della durata del prodotto, costringendoci dunque a comprarne altri. Quest’ultimo passaggio è fondamentale per comprendere il meccanismo di vendita di queste aziende, che, proponendo ogni settimana nuova merce, grazie a dei feedback giornalieri sui prodotti venduti e invenduti, creano delle tendenze che hanno la durata massima di tre mesi, in alcuni casi anche meno. Quante volte vi sarà capitato di adocchiare un bel vestito e di vederlo poi sparire nel giro di pochi giorni? Se prendiamo ad esempio due brand quali Giorgio Armani e H&M noteremo che il secondo ogni tre mesi propone una nuova collezione, mentre Giorgio Armani ne proporrà due all’anno. Inevitabile adesso chiedersi se davvero convenga spendere poco e comprare ogni mese nuova roba o, piuttosto, se non sia meglio puntare sulla qualità e l’estetica di capi che resistano a lungo nel vostro guardaroba.

A proposito di Giorgio Armani, è importante sottolineare che è stato lui ad introdurre nel mercato italiano la moda sostenibile battendosi contro la fast fashion. Il concetto di sostenibilità si rispecchia soprattutto nella durabilità dei capi, che, prodotti appunto per resistere al tempo, devono essere realizzati con tessuti puri come il cotone, la seta, il lino e la lana. Lo stilista, inoltre, ritiene che l’accessibilità di un prodotto faccia parte del concetto di sostenibilità, motivo per cui Armani, così come Versace, Fendi e Dolce & Gabbana, ha dato vita ad una propria linea giovani che promuove una moda più accessibile ed informale. Ad ogni modo, Armani sa che questo concetto va contro la logica di mercato adottata dalle aziende di fast fashion e cioè proporre ogni tre mesi nuove collezioni per incentivare l’impulso e il desiderio di acquistare.

Un bene o un elemento di maggiore valore sulla scala della moda, che per molte persone viene considerato poco conveniente, bilancia, invece, sia il valore del prodotto, pressoché artigianale, sia la sua unicità, che lo rende intramontabile.

Ma chi sono i consumatori della fascia medio-alta e alta del mercato? I clienti che ne fanno parte non sono tutti ricchi, e non tutti i ricchi ne sono clienti. Nel consumo di questa fascia di mercato c’è in realtà un effetto aspirazionale e culturale, dunque, l’acquirente aspira alla qualità, alla durabilità e all’originalità.

Altri brand, collocati in un’ipotetica fascia media di mercato, come Luisa Spagnoli, Max Mara con le sue linee MAX&Co. e Marella, Calzedonia, Armani Jeans, Versace Jeans, Stefanel e TWINSET, intendono investire nel capo promuovendo qualità, accessibilità e durabilità, soddisfacendo così il requisito di sostenibilità che comprende anche la manifattura 100% made in Italy nel rispetto dei diritti dei lavoratori, a differenza dei marchi fast fashion che si avvalgono della manodopera sottopagata dei paesi in via di sviluppo.

In ogni caso, che si parli di fast fashion o di brand di lusso, il business è sempre presente. Le case di moda devono riuscire a convincerci ad acquistare nuovi prodotti almeno ogni sei mesi. La moda deve anche essere desiderio, deve creare sogni ed associazioni emotive. Ad esempio, Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno scelto di raffigurare nei propri capi gli usi e costumi della Sicilia proponendo ogni anno i suoi colori tipici, gli agrumi, il mare e i pupi siciliani.

I designer creano uno strumento di comunicazione molto potente, tale da plasmare un mito a partire dal proprio marchio, che viene incentivato con il supporto del sistema multimediale, di pubblicità, fotografi e bei modelli in passerella.

In conclusione, vi invitiamo, per un acquisto consapevole dei capi d’abbigliamento, a privilegiare la manifattura made in Italy e tessuti puri e di qualità, che durino nel tempo e che soddisfino l’esigenza di essere eleganti e curati nell’aspetto salvandoci dallo shopping compulsivo e salvando l’ambiente dai cumuli di rifiuti.

 

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