Genetica, ambiente e malattie rare: parola alla scienza

Autore:
Andrea Cuscona
11/04/2017 - 09:30

L'organismo umano, nella sua straordinaria e affascinante complessità, riserva ancora oggi ampi spazi di studio e scoperta da parte dell'ambiente medico-scientifico.

Alla base del corretto funzionamento di questa "macchina" vi stanno numerosi fattori. Tanto il nostro corredo genetico, quanto l'alimentazione, gli stili di vita adottati nonché l'ambiente in cui ci troviamo, segnano profondamente le nostre vite e ne determinano longevità e salute ma anche - ovviamente - malattie, morte o altro. Nel bene e nel male, insomma, il legame tra questi aspetti segna il nostro percorso, dalla nascita in poi (ed ancora prima, già in fase di sviluppo fetale).

Per capire meglio questo delicato nesso e approfondire i suoi variegati aspetti, abbiamo intervistato la professoressa Teresa Mattina, Direttore della Scuola di Specializzazione di Genetica Medica presso l'Universita di Catania - Centro di Riferimento per la Prevenzione Diagnosi e Cura  delle Malattie Genetiche Rare.

 

Come si può descrivere lo status quo della genetica nel panorama della ricerca medico-scientifica italiana?

«I ricercatori e gli scienziati italiani sono studiosi di primissima qualità, ma lo stato Italiano destina pochi fondi alla ricerca, le modalità di attribuzione dei fondi a volte sono discutibili, di sicuro le Università sono spesso penalizzate soprattutto le università del SUD Italia. È un vero peccato perché la ricerca scientifica è fonte di un futuro migliore per tutti. Tutto quello che si scopre con una ricerca su una singola malattia rara dà informazioni sul genoma di tutti».

Sono in atto modificazioni importanti del DNA umano?

«Il genoma (costituito dal DNA) rappresenta il programma fondamentale dell’individuo, è presente in ogni sua cellula, e, con poche ma significative differenze, è presente in ogni individuo della stessa specie. Per questo gli individui della stessa specie sono molto simili fra loro, ma nello stesso tempo ogni individuo è diverso da tutti gli altri: unico. Il DNA è soggetto fisiologicamente al verificarsi continuo di rimaneggiamenti casuali (mutazioni). Questi rimaneggiamenti, che avvengono sotto l’azione dell’ambiente esterno, garantiscono la plasticità del genoma: la possibilità di cambiare e di adattarsi ad eventuali modificazioni ambientali. Questi cambiamenti sono fisiologici ma molto lenti, e garantiscono la conservazione della specie: resiste chi si adatta meglio ai cambiamenti dell’ambiente.

Cioè, sotto l’effetto chimico, fisico e biologico dell’ambiente, il DNA si modifica, alcune cellule ne ricevono un danno, e muoiono. Così, alla lunga, le linee cellulari che hanno incamerato un cambiamento dannoso spariscono (il tessuto che perde cellule invecchia), mentre restano le linee cellulari non danneggiate, quelle dove il danno è stato riparato correttamente, quelle con cambiamenti che non causano danno funzionale, le linee cellulari che hanno avuto mutazioni vantaggiose. Le mutazioni veramente vantaggiose sono quelle che determinano la comparsa di un individuo più “forte”. Non sempre le mutazioni che sono vantaggiose per una linea cellulare conferiscono un vantaggio all’individuo, creando un individuo più forte: il vantaggio per una linea cellulare rispetto alle altre e a danno di queste, si traduce, spesso, in un evidente danno per l’individuo stesso. Questa linea che si è avvantaggiata, prolifera a scapito delle altre cellule e se continua a riprodursi senza limiti, perde le sue caratteristiche funzionali e cioè smette di svolgere i suoi compiti, si trasforma in cellula tumorale. La cellula tumorale maligna è una cellula che non esegue i compiti che le sono propri, che non conosce ostacoli alla propria proliferazione, che non conosce i limiti degli spazi a cui era destinata. Distrugge a proprio vantaggio tutto quello che ha intorno.

Il nostro DNA danneggiato, entro certi limiti, è in grado di riparasi automaticamente: esistono importantissimi geni che sono responsabili della riparazione del danno. Durante la divisione cellulare, ad un certo punto, il ciclo cellulare si ferma e la cellula verifica che gli inevitabili danni del DNA siano correttamente riparati. Esistono malattie genetiche rare nelle quali uno di questi geni non funziona correttamente e il paziente mostra: invecchiamento precoce, degenerazione del sistema nervoso, fragilità della pelle, deficit immunitario, incidenza di tumori, sterilità. Queste malattie ci fanno conoscere gli effetti dannosi dell’ambiente in caso di esposizione estrema.

Oltre alle mutazioni del DNA, che sono cambiamenti nella struttura del DNA, l’ambiente agisce modificando anche la funzione dei geni: il campo dell’epigenetica è quel campo di studi che si occupa di come, sotto l’influsso di fattori ambientali, in assenza di mutazioni, e cioè senza modifiche strutturali dei geni, si verificano fisiologicamente e patologicamente, modificazioni funzionali dei geni.

Consideriamo infatti che il genoma di tutte le cellule di un individuo è strutturalmente identico- infatti se vogliamo identificare una persona sulla base del suo DNA, non importa se questo viene isolato dal sangue, dalla saliva, dal sudore, ecc. - Però sappiamo anche che ciascun tessuto, ciascuna cellula normale esplica le sue specifiche funzioni cioè vi sono attivi solo quei geni che devono esserlo. Esistono geni che sono attivi solo nell’embrione, solo in un determinato tessuto e la loro funzione è quella di determinare lo sviluppo di un organo, altri geni devono funzionare sempre, in tutti i tessuti ecc.: Ogni tessuto, ogni cellula ha caratteristiche funzionali specifiche. Queste caratteristiche funzionali dipendono da fattori epigenetici e sono sotto effetto dell’ambiente».

La malattie rare sono molto eterogenee per età di insorgenza, eziopatogenesi e sintomatologia: attualmente cosa sappiamo e quali passi avanti sono stati compiuti nel loro studio?

«I passi avanti sono continui e procedono a velocità vorticosa nella conoscenza del come e perché si sviluppano le malattie genetiche, quali sono i meccanismi con cui si verifica il quadro clinico, le possibilità di fare la diagnosi, le possibilità di risolvere più o meno radicalmente il danno. Molti aspetti della terapia dei tumori maligni oggi si affrontano identificando le mutazioni responsabili, le cause patogenetiche, i meccanismi alterati, cercando i possibili sistemi per intervenire su ciascuno di questi aspetti».

Che ruolo gioca l'ambiente?

«L’ambiente gioca un ruolo fondamentale nel determinarsi di molte patologie soprattutto sulla mutagenesi somatica che è alla base dei tumori maligni e dell’invecchiamento. L’epigenetica sembra alla base di malattie autoimmuni, degenerative, tumori, malattie neurocomportamentali».

Quanto incidono gli stili di vita sul nostro corredo genetico?

«Gli stili di vita consistono nell’offrire al nostro organismo protezione o esposizione a fattori ambientali favorevoli o sfavorevoli. Un corretto stile di vita protegge l’individuo dall’invecchiamento, dalle patologie degenerative, dal rischio di malattie neoplastiche».

A livello mondiale si stanno riscontrando insorgenze maggiori di alcune malattie rare? Quali possibili spiegazioni?

«A livello mondiale è migliorata la possibilità di fare diagnosi di malattie rare, è aumentata la consapevolezza delle malattie rare, migliorate le cure è aumentata la sopravvivenza, le malattie di cui sembra esserci un incremento reale sono le malattie neoplastiche, anche per un allungamento della vita media, le allergie, le malattie autoimmuni. Di sicuro vi è una maggiore esposizione all’ambiente e l’esposizione ad un numero estremamente elevato di sostanze chimiche e agenti fisici i cui effetti saranno noti fra molti anni».

 

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