Isolamento sociale e solitudine, gravi minacce alla nostra salute
Isolarsi dal mondo ed evitare i rapporti umani nuoce gravemente alla salute.
Un’affermazione che trova fondamento in diversi studi scientifici che confermano un aumento del rischio di mortalità in riferimento alla solitudine e la collocano nella stessa categoria del fumare quindici sigarette al giorno o dell'essere alcolizzati. Un problema, dunque, che non va minimizzato (può riguardare, tra l’altro, persone di tutte le età e fasce di reddito) e che dovrebbe portarci a prendere molto sul serio le nostre relazioni sociali e a considerarle importanti come, ad esempio, il mangiare sano e il fare attività fisica.
Recentemente, una ricerca della Brigham Young University (USA), pubblicata su Perspectives on Psychological Science, ha evidenziato che la solitudine e l'isolamento sociale sono una minaccia per la longevità tanto quanto l'obesità.
Va detto che solitudine ed isolamento sociale possono sembrare fenomeni molto diversi. Ad esempio, qualcuno può essere circondato da molte persone, ma sentirsi comunque solo. Altre persone possono isolarsi perché preferiscono vivere per conto proprio. L'effetto sulla longevità, tuttavia, è più o meno lo stesso per questi due scenari.
Inoltre, l'associazione tra solitudine e rischio di mortalità tra le popolazioni giovani è in realtà maggiore che tra le popolazioni più anziane. Sebbene le persone anziane abbiano più probabilità di essere sole e di affrontare un rischio di mortalità più elevato, la solitudine e l'isolamento sociale predicono meglio la morte prematura tra le popolazioni di età inferiore ai 65 anni.
Uno degli autori dello studio, Tim Smith, ha poi sottolineato che abbiamo attualmente il più alto tasso mai registrato di persone che vivono da sole e che, purtroppo, dobbiamo aspettarci «una possibile epidemia di solitudine in futuro».
Il lavoro della Brigham Young University ha analizzato i risultati di una gran varietà di studi sulla salute. Complessivamente, il campione comprendeva più di tre milioni di partecipanti a ricerche che includevano dati sulla solitudine, l'isolamento sociale ed il vivere da soli.
Controllando variabili come lo stato socioeconomico, l'età, il sesso e le condizioni di salute preesistenti, si è scoperto che la mancanza di connessioni sociali presenta un rischio aggiuntivo per la salute e che, al contrario, l'esistenza di relazioni ha effetti positivi sulla nostra vita.
«In sostanza, lo studio sta dicendo che più psicologia positiva abbiamo nel nostro mondo, meglio siamo in grado di funzionare non solo emotivamente ma anche fisicamente», ha aggiunto Smith.
Ci sono molte cose che aiutano a domare gli effetti della solitudine. Con l'evoluzione di Internet, le persone possono tenersi in stretto contatto anche vivendo in posti diversi e lontani. Tuttavia, la superficialità di alcune esperienze online (pensate ai tanti social che oggi vanno per la maggiore) può mancare di contesto emotivo e profondità e, pertanto, non portare alcun beneficio. Del resto, niente può sostituire quello scambio reciproco e continuo (di idee, parole ed emozioni) che è peculiare delle relazioni in presenza, relazioni che, a differenza di quelle virtuali, spesso vissute all’insegna del calcolo e della finzione, ci rendono più creativi e ci fanno crescere.
Per rimarcare quanto espresso finora, possiamo citare un altro studio che, presentato nel corso di EuroHeartCare 2018, il congresso infermieristico della Società Europea di Cardiologia, ha evidenziato che la solitudine fa male al cuore ed è un forte predittore di morte prematura.
Ricerche precedenti avevano già dimostrato che la solitudine e l'isolamento sociale sono collegati a malattie coronariche e ictus. In questo lavoro si è deciso di puntare l’attenzione su pazienti con diversi tipi di malattie cardiovascolari per accertare se una scarsa rete sociale fosse associata a esiti peggiori. Pertanto, sono stati coinvolti 13.463 pazienti danesi con cardiopatia ischemica, aritmia, insufficienza cardiaca o malattia della valvola cardiaca. Sentirsi soli è stato associato a conseguenze negative in tutti i pazienti, indipendentemente dal tipo di malattia cardiaca. La solitudine era legata a un rischio di mortalità raddoppiato nelle donne e al rischio quasi raddoppiato negli uomini. Sia gli uomini sia le donne che si sentivano soli avevano tre volte in più di probabilità di riportare sintomi di ansia e depressione ed avevano una qualità della vita significativamente inferiore rispetto a quelli che non si sentivano soli.
«La solitudine è un forte segnale che può indicare la morte prematura, il peggioramento della salute mentale e una minore qualità della vita nei pazienti con malattie cardiovascolari. Viviamo in un'epoca in cui la solitudine è più presente e gli operatori sanitari dovrebbero tenerne conto nella valutazione del rischio», ha detto Anne Vinggaard Christensen, autrice dello studio e ricercatrice presso il Copenhagen University Hospital.
Concludiamo, infine, riportando i risultati di un altro interessante studio che, condotto dall'Università di Rochester e pubblicato su Personality and Social Psychology Bulletin, può apparentemente sembrare di segno opposto rispetto a quelli citati in precedenza e che evidenzia come trascorrere un quarto d’ora da soli nel corso della giornata, magari leggendo un libro oppure semplicemente dando libero corso ai propri pensieri, può far sentire meglio.
Per verificare i benefici dei momenti di solitudine scelti con accortezza, differenti dall'isolamento sociale che, come visto, secondo diversi studi ha effetti negativi, sono state prese in esame per un esperimento 114 persone, a cui è stato chiesto di sedere da sole per quindici minuti, riducendo così il carico emotivo e di interesse suscitato da quindici minuti di conversazione. Quando è stato chiesto loro di compilare un questionario, i partecipanti all'esperimento mostravano di avere meno probabilità di provare emozioni negative, tra cui irritabilità, sofferenza o agitazione.
Una prova ulteriore ha coinvolto 108 persone ed ha mostrato, invece, che per il benessere non era importante cosa si facesse da soli, se si rimanesse in compagnia dei propri pensieri o si leggesse un libro: l'unico lato negativo era che dopo un quarto d'ora subentrava in alcuni una sensazione di solitudine.
Un secondo esperimento ha in seguito coinvolto 173 persone, a cui è stato chiesto di trascorrere da sole un quarto d'ora al giorno per una settimana, non facendolo poi per altri sette giorni. È emerso che stare da soli per un periodo limitato, soprattutto se si sceglie di farlo, aumenta sensazioni relative alla pace e al relax. Insomma, pur “mitigando” gli aspetti positivi legati alla socialità, se ne recuperano altri, in particolar modo quando si ha bisogno di un momento di “decompressione”.
(Fonte: Brigham Young University/ANSA)
Foto di copertina: Pixabay
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