L’Agroecologia per ridurre drasticamente l’uso della chimica
Le ricerche a livello mondiale, soprattutto sulla riduzione dei prodotti fitosanitari e fertilizzanti chimici, tramite l’ausilio dell’agroecologia, trovano sempre più conferma. Autori come Miguel A. Altieri, Stephen R. Gliessman, Vandana Shiva, Ernesto Méndez, Clara Inés Nicholls, Pablo Tittonell, ecc., attraverso le loro ricerche, dimostrano sempre più come l’agroecologia è, allo stesso tempo, la soluzione sia per assicurare produzioni più abbondanti e più sane che per diminuire l’uso della chimica di sintesi e degli input esterni e salvaguardare la fertilità dei suoli.
Basti consultare le ormai innumerevoli pubblicazioni sui vari portali scientifici o su Google Scholar per rendersi conto che, nel settore agroecologico, la ricerca ha tracciato indicazioni e certezze inoppugnabili.
D’altronde, l’ausilio di input esterni, come carburanti, prodotti e fertilizzanti di sintesi, non è più sostenibile né per il settore chimico ed estrattivo (legato ad una economia lineare giunta al capolinea) né per i sistemi ecologici (in cui l’agricoltura riveste una incidenza notevole).
I dati sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari ci dicono che, oggi, nel mondo se ne usano 4 milioni di tonnellate. Inoltre, il loro mercato globale ha raggiunto un valore di 84,5 miliardi di dollari nel 2019, con un tasso di crescita annuo di oltre il 4% dal 2015. Nell’Unione Europea i consumi hanno registrato negli ultimi anni una lieve flessione, così come nel nostro Paese che resta comunque al secondo posto dopo la Spagna per consumo di prodotti fitosanitari.
Sono ancora troppe le sostanze chimiche di sintesi che vengono utilizzate dalle aziende agricole europee convenzionali, soprattutto quelle ritenute altamente pericolose.
Tuttavia, al di là degli indirizzi e dei regolamenti dell’Unione Europea, questi buoni propositi vengono minati dall’azione delle lobby dell’agrochimica e dell’agricoltura intensiva, che vorrebbero fermare o, perlomeno, rallentare il necessario iter verso la creazione di un’agricoltura sostenibile che dia maggiori soddisfazioni economiche agli agricoltori e migliori garanzie per la natura e la società.
Ricordiamo, a tal proposito, che l’uso di prodotti di sintesi, quali erbicidi, insetticidi, fungicidi, fertilizzanti, ecc., è una delle principali cause di perdita di funzionalità dei suoli per via della diminuzione della fertilità, della sostanza organica, dei microrganismi del suolo e della biodiversità planetaria in generale.
In tale direzione, per fare una estrema sintesi, sostituendoci ai principi su cui si regolano gli ecosistemi, stiamo demolendo gradatamente suolo e soprassuolo, cioè la vitalità di quel sottile strato che costituisce l’epidermide del pianeta: l’ecosfera.
Una ecosfera che vede, oltre alla perdita di biodiversità più nota (piante, funghi, animali), quella dei microrganismi del suolo agrario che, gradualmente, vanno scomparendo rendendo sempre più desertici i suoli stessi.
Insomma, un tunnel vizioso da cui, con i sistemi agricoli convenzionali, non si può uscire perché a basso rendimento energetico ed ecologico e, quindi, altamente inquinanti.
Così, per rilanciare l’agricoltura e la sua funzione ecologica, occorre che la qualità dei suoli sia migliorata con l’obiettivo di massimizzare i servizi ecosistemici per una salute globale; dobbiamo trovare gli strumenti e le pratiche agronomiche più efficaci affinché l’agricoltura possa conservare e valorizzare i suoli e non impoverirli e degradarli. In tal senso alcuni autori (tra cui Yang et al. 2020) riportano gli effetti di diverse pratiche agronomiche sulla qualità dei suoli. La diversificazione delle colture, l’intercropping, le rotazioni ma anche la riduzione delle lavorazioni, la riduzione degli apporti chimici quali fertilizzanti e prodotti fitosanitari contribuiscono a migliorare la qualità del suolo e renderlo più sano, con benefici, oltre che per l’agricoltura, per tutto il pianeta. Le pratiche di gestione, che sostituiscono le colture annuali con piante perenni ed introducono specie con una maggiore massa radicale, o le rotazioni colturali o l’adozione di colture di copertura forniscono tutte maggiori apporti di carbonio, portando alla fine ad un aumento degli stock di carbonio organico nel suolo. L’aggiunta di ammendanti del suolo che si decompongono lentamente, come compost (materiale organico simile a terriccio derivato dalla decomposizione e trasformazione aerobica ad opera dei microrganismi di residui organici con funzione ammendante e fertilizzante) e biochar (carbone vegetale prodotto dalla pirolisi di biomasse principalmente vegetali, ricco in carbonio e con funzione ammendante), è anche un’importante strategia di gestione per aumentare gli stock di carbonio organico nel suolo (Paustian K. et al. 2016).
Per uscire, pertanto, dal tunnel pericoloso in cui siamo stati condotti, tramite l’uso degli input esterni (legati dall’agricoltura cosiddetta specializzata), dobbiamo riscrivere completamente i modelli agricoli, rieducare una nuova classe di agricoltori, per svincolarli da una dipendenza di input esterni che rende loro (e i consumatori) oggetto finale di un sistema economico-finanziario avulso completamente dalle regole e dai principi della natura ed al capolinea energetico e termodinamico in generale.
Bisogna operare quella retro-innovazione dove tutta la recente ricerca scientifica (e quella che sta giungendo sempre più da varie parti del mondo) si coniughi con quelle conoscenze che in oltre 10.000 anni di storia avevano formato una classe di agricoltori che erano delle vere e proprie enciclopedie viventi e che la rivoluzione verde ha brutalmente spazzato lasciandoci orfani di quella conoscenza che è l’unico presidio di libertà dell’umanità.
Gli agricoltori si aspettano, anche attraverso i loro movimenti, una rivoluzione ma questa è iniziata e prende il nome di agroecologia: un sistema di garanzia del loro reddito, di cibo sano e di tutela della salute ecologica ed umana senza confronti.
Tuttavia serve velocizzare il processo attraverso la rieducazione di ricercatori, tecnici, agricoltori e consumatori a questa nuova disciplina.
(L'articolo che avete appena letto è tratto dal sito web Un Mondo Ecosostenibile. Lo abbiamo pubblicato previa autorizzazione del suo autore Guido Bissanti)
In copertina: Foto tratta da Pixabay
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