
La centralità della Sicilia e dell’Italia nella storia e nel contesto geopolitico euro-mediterraneo contemporaneo

1) LE PREMESSE STORICHE RIGUARDANTI LA SICILIA
Ad iniziare già dall’era storica iniziata dalla distruzione di Troia e dal conseguente espansionismo egeo-miceneo-rodiota nel Mediterraneo, la Sicilia, per la sua posizione di assoluta centralità strategica nell’ambito del Mediterraneo e per le sue potenzialità produttive, si era trovata ad essere interessata dal progressivo e massiccio insediamento di popolazioni appartenenti alla Lega Achea alla ricerca di nuove aree di espansione demografica e commerciale che, fino alla metà dell’VIII secolo a.C., riescono senza eccessivi traumi a convivere più o meno pacificamente con le popolazioni che si erano già insediate in Sicilia ad iniziare dal III millennio a.C..
Tale convivenza si era mantenuta da parte delle popolazioni che già si erano insediate in Sicilia rimodulando talvolta i loro insediamenti ed i loro interessi politici ed economici. Dal V secolo a.C. in poi si accentua lo scontro tra le popolazioni di cultura greca e le popolazioni di cultura fenicio-cartaginese per ragioni di natura economica e commerciale: scontro innescato per l’effetto dei nuovi sistemi produttivi inventati dai Cartaginesi che avevano ridotto i costi di produzione della ceramica e determinato una posizione di monopolio commerciale per i loro prodotti. L’espansione commerciale cartaginese in Sicilia causa una stagione di forte belligeranza tra i sicelioti ed i cartaginesi: in tale contesto si registrano condizionamenti esterni alla Sicilia ed ai Siciliani che, purtroppo, hanno continuato a persistere ed a svolgere, in contesti storici diversi e successivi, i loro nefasti effetti sulla autonomia politica della Sicilia e sulle condizioni della Sicilia e dei Siciliani fino ai nostri giorni.
2) LA PRIMA VOLTA CHE SI SVILUPPA IN SICILIA L’IDEA DI ESSERE UNA NAZIONE E I SICILIANI DANNO CORSO AL RICONOSCIMENTO ED ALLA AFFERMAZIONE DI QUESTA IDENTITÀ COLLETTIVA COSTITUENDO LA COMMUNITAS SICILIAE ED ELEGGENDO UN PROPRIO RE
Dopo l’affermazione politico-militare dell’elemento siceliota in Sicilia nel V secolo a.C., che vede il coinvolgimento di alcune città della Grecia, contrastata successivamente dai Cartaginesi dopo la loro sconfitta nella battaglia di Himera, nel III secolo a.C. si assiste al definitivo tramonto della potenza cartaginese determinata e conseguente alla conquista romana dell’isola.
Dopo il crollo dell’impero romano nei secoli successivi si assiste al progressivo passaggio del dominio dell’isola dal Papato all’Impero Romano d’Oriente (di cui Siracusa sarà capitale dal 663 al 669 d.C.). Successivamente la Sicilia sarà sottoposta al dominio musulmano, normanno-svevo, angioino ed aragonese senza che emerga mai un movimento unitario alimentato da un sentimento politico che avrebbe potuto unire i popoli che abitavano la Sicilia, facendo emergere ed affermare l’idea di essere una Nazione. L’identità di Nazione Siciliana trova modo di farsi strada come sentimento collettivo per unire tutti coloro che vivevano in Sicilia al fine di costituire uno Stato Siciliano e per affermarsi politicamente solo nel 1296: sarà in questa occasione che si registrerà il primo ed unico caso nella storia della Sicilia in cui essa vorrà essere e diventerà una Nazione che concluderà la sua esistenza quale Stato autonomo, dopo la morte di Martino il Giovane e di Martino il Vecchio, con le decisioni assunte dal Concilio di Caspe nel 1412 che relegherà la Sicilia alla condizione di mero viceregno negandole persino il diritto ad una rappresentanza politica all’interno di tale Concilio.

3) IL POSSESSO STRATEGICO DELLA SICILIA CONTESO DAGLI STATI EUROPEI TRA XIII E XV SECOLO
La lotta per il possesso della Sicilia dopo il tramonto della dinastia normanno-sveva, iniziatasi con la conquista angioina sostenuta dal Papato sarà ricorrente in quanto il possesso della Sicilia risultava essere il fattore strategico decisivo nel determinare gli equilibri di potere in Europa. Possedere la Sicilia con il controllo dei suoi porti, delle sue fortezze e delle sue risorse la rendevano soggetta agli appetiti dei due fronti che si contendevano il potere in Europa e che avrebbero determinato alla fine del XIV secolo lo scisma ecclesiastico. Alcune vicende che riguardano le strategie matrimoniali con cui la Real Casa D’Aragona cercava di consolidare il suo diritto al Trono di Sicilia ci fanno capire quale enorme importanza strategica venisse attribuita dal Re D’Aragona al suo possesso; in particolare ricaviamo questa certezza da ciò che il Re mandò a dire al figlio Giovanni per convincerlo a sposare la Regina Maria. Così tale vicenda nel racconto di Orazio Cancila:
«Il vescovo di Huesca, il visconte Felip Dalmau de Rocabertí e Galceran de Vilarig furono incaricati di tentare di convincere il duca ad incontrare il padre a Barcellona. In caso di rifiuto, dovevano indurlo essi stessi ad accettare il matrimonio con Maria assolutamente necessario per impossessarsi del Regno di Sicilia, prospettandogli tutti i vantaggi, ma anche i danni e i rischi che si sarebbero prodotti in caso contrario. Seguendo le orme dei predecessori, Giovanni avrebbe dato alla Casa D’Aragona un altro regno tanto grande e ricco che si sarebbe potuta definire semper augusta. Ancora giovane, facilmente e senza rischi avrebbe acquistato una grande fama; con la potenza ottenuta avrebbe imposto una pace duratura a vicini musulmani e cristiani; le sue genti sarebbero state ben trattate e bene accolte dovunque, rispettate e onorate; le sue terre sarebbero divenute ricche e popolose; sarebbe stato potente quanto il re di Francia, più di lui atto a conquistare e dominare il mondo; alla sua volontà tutti si sarebbero sottomessi, per amore o per timore; avrebbe potuto combattere contro i Mori e al servizio di Dio da una posizione di forza; avrebbe posto riparo alla insostenibile pobreza della Casa D’Aragona. Se invece Giovanni non avesse sposato Maria, i Siciliani le avrebbero dato per marito un tiranno, il quale appena messo piede nell’isola col potere che avrebbe tratto dal Regno avrebbe voluto avere subito anche la Sardegna e, considerata la situazione dell’isola, non gli sarebbe stato difficile. Sarebbe stata persa in seguito anche Maiorca, perché non avrebbe più ricevuto viveri dalle altre due isole. Barcellona si sarebbe spopolata, per i danni subiti dal commercio; i nemici della Casa D’Aragona si sarebbero risvegliati e le avrebbero fatto guerra, per vendicare vicende del passato, e avrebbero cercato di conquistare anche i regni e le terre peninsulari».
Nel XIV secolo, quindi, il possesso della Sicilia da parte dei più potenti Stati Europei veniva considerata la condizione determinante per attestare la propria potenza nel Mediterraneo ed in Europa.
4) LE INTERFERENZE EUROPEE A TUTELA DEI LORO INTERESSI NAZIONALI PRIMA, DURANTE E SUCCESSIVAMENTE ALL’IMPRESA DEI MILLE, SOPRATTUTTO DA PARTE DELL’INGHILTERRA INTERESSATA A LIMITARE L’INFLUENZA DI FRANCIA, AUSTRIA E RUSSIA NEL MEDITERRANEO
Sin dal 1855 Garibaldi ed i suoi referenti siciliani decidono di programmare concretamente l’impresa di Sicilia iniziando a prepararla nella casa del barone Coppola, esiliato a Genova; i forti interessi economici inglesi in Sicilia, legati all’industria dello zolfo e del vino ed al progetto di dominare l’area strategica più importante del mondo costituita dal Mediterraneo per garantire i propri interessi, fanno sì che l’Inghilterra, che gioca su più tavoli diplomatici, si dimostri interessata a sostenere i piani di Cavour, di Vittorio Emanuele e di Garibaldi nell’ottica di continuare a mantenere la sua forte influenza sulle vicende italiane e siciliane per garantire gli estesi interessi inglesi nel Mediterraneo.

Sarà l’intelligenza, l’esperienza e la volontà di Garibaldi a determinare il corso degli eventi futuri: disubbidendo a Vittorio Emanuele e scrivendogli che solo se lui avesse conquistato Napoli l’Italia si sarebbe fatta, passa lo stretto di Messina e sarà decisivo per realizzare l’Unità d’Italia. Per gli interessi inglesi la formazione di uno Stato Unitario Italiano, non comprendente necessariamente tutta la penisola, veniva vista come una condizione essenziale per creare un presidio atto a contrastare e contenere l’influenza nell’area del Mediterraneo di Austria, Francia e Russia: gli Inglesi sono interessati alla formazione di uno Stato Unitario Italiano ma non autonomo rispetto alla tutela inglese volta a salvaguardare i propri interessi.
5) SI AVVIA L’ERA DEL PETROLIO CHE MODIFICA GLI ASSETTI GEOPOLITICI MONDIALI: AMERICANI ED INGLESI SI CONTENDONO IL MERCATO MONDIALE E ITALIANO DEL PETROLIO SENZA ESCLUSIONE DI COLPI
Dopo l’avvenuta unificazione italiana, la pressione e le manovre condizionanti di diversi Stati ma in particolar modo dell’Inghilterra sull’Italia aumentano dal momento in cui si afferma l’era della nuova risorsa energetica costituita dal petrolio che diviene, per dirla con Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella (si veda il volume Il golpe inglese edito da Chiarelettere nel 2014): «Necessario come l’aria per lo sviluppo dell’industria, dei commerci e della macchina bellica, l’oro nero diviene al tempo stesso l’arma e la posta in gioco di ogni guerra, aperta o segreta che sia, combattuta con mezzi convenzionali o con metodi non ortodossi. Tutti i conflitti finiscono così per scaricarsi nell’area più ricca di quella risorsa, il Mediterraneo ed il Vicino Oriente. L’importanza dell’Italia, dal punto di vista degli interessi britannici, appare ancora più evidente. E controllarne la vita politica interna, condizionarne la crescita economica, indirizzarne la politica estera diventa per Londra un’esigenza prioritaria».
Questa necessità inglese di avere un ruolo primario e determinante nella gestione della risorsa petrolio, per garantire i propri profitti ed i propri interessi strategici, è accentuata dalla crescente potenza mondiale degli Stati Uniti che cominciano a svolgere un ruolo competitivo nell’ambito del commercio mondiale del petrolio, limitando inevitabilmente il ruolo egemone dell’Inghilterra in tale ambito economico-commerciale. Il patto tra Inghilterra e Francia, sancito in accordi segreti bilaterali, per acquisire l’egemonia estrattiva del petrolio nell’area mediorientale dell’ex Impero Ottomano, all’inizio del ‘900, determinerà l’esclusione italiana dalla gestione delle concessioni estrattive, facendo venir meno gli accordi precedenti e conseguenti alla guerra contro la Turchia cui l’Italia aveva partecipato e per cui le due nazioni avevano assicurato la gestione di attività estrattive in determinati ambiti territoriali. Sarà successivamente l’Inghilterra tra il 1923 ed il 1924, come ha ben documentato Mauro Canali, a tentare di limitare in Italia la presenza statunitense nell’ambito del commercio del petrolio e dei suoi derivati che, attraverso la Standard Oil, sin dalla fine dell’800 aveva acquisito una posizione di monopolio nel mercato italiano, utilizzando Messina come punto d’arrivo del petrolio. Tra il 1923 ed il 1924 gli inglesi riescono a mettere a segno due importanti obiettivi per la loro presenza nel mercato italiano grazie alla APOC (Anglo-Persian Oil Company): nel 1923 raggiungono un accordo con il governo italiano che li autorizza a rilevare una vecchia raffineria austriaca in disuso, a Trieste, e nel 1924 aprono una filiale italiana della BP (British Petroleum), una società con capitale misto anglo-italiano che ottiene anche l’autorizzazione a costruire in Italia una raffineria per il petrolio estratto in Iran ed in Persia, nonché l’autorizzazione a commercializzare tale petrolio in Italia.
La reazione statunitense alle manovre inglesi non si fa attendere e gli americani riescono, anche attuando manovre corruttive e fornendo tangenti, a firmare una convenzione con il governo italiano che autorizzava la compagnia petrolifera americana Sinclair Oil ad operare in Italia: i documenti comprovanti le manovre corruttive americane nei confronti di esponenti del governo, secondo Mauro Canali, sarebbero stati forniti a Londra a Matteotti che ne voleva fare oggetto del suo intervento alla Camera dei Deputati l’11 giugno 1924; il 10 giugno 1924 Matteotti viene rapito e poi ritrovato ucciso ed i documenti di cui era in possesso sparirono. Da rilevare l’opposizione di Churchill a che venisse operata una inchiesta sui documenti consegnati a Matteotti. Il tentativo operato dal governo italiano nel 1926 di inserirsi nel gioco internazionale per la gestione del mercato del petrolio, realizzato con la fondazione dell’AGIP, non ottiene inizialmente gli effetti voluti per le manovre ostative effettuate soprattutto dagli inglesi. Nel 1928 l’AGIP viene autorizzata ad entrare con propri capitali nella British Oil Development Company (BODC), società fondata da un gruppo di finanzieri privati inglesi e destinata, per volontà di Churchill, a gestire l’estrazione petrolifera mediorientale in accordo con altre compagnie europee.
6) LA POLITICA PETROLIFERA DELL’AGIP E DEL GOVERNO ITALIANO PRIMA DI MATTEI E SUCCESSIVAMENTE LA POLITICA PETROLIFERA DI MATTEI CON L’ENI ANCHE IN CONTRASTO CON LE POSIZIONI AMERICANE E INGLESI
L’AGIP, costituita nel 1926, viene usata dal governo italiano dell’epoca come strumento volto a limitare la dipendenza italiana dalle forniture di petrolio da parte delle compagnie angloamericane, unitamente ad una politica commerciale alternativa che mirava ad acquisire forniture di petrolio anche da parte dell’Unione Sovietica e con una attività diplomatica e politica volte ad ottenere concessioni di trivellazioni nell’area mediorientale.
Le trattative con l’Unione Sovietica, per l’acquisizione di forniture di petrolio a prezzi molto vantaggiosi rispetto a quelli praticati dalle compagnie anglo-americane, vengono avviate nel 1931, unitamente ad una politica in ambito mediorientale mirata ad acquisire concessioni di trivellazioni petrolifere soprattutto in Iraq.
Benito Li Vigni documenta la reazione inglese alla politica italiana del governo italiano dell’epoca in ambito energetico che raggiunge i suoi obiettivi ostruzionistici verso l’Italia proprio nel bel mezzo dell’impresa etiopica, allorquando Mussolini riteneva di poter contare sulle riserve di petrolio iracheno, venuto a mancare a seguito delle manovre ostruzionistiche inglesi. Questa indisponibilità all’accesso delle risorse petrolifere, con conseguenti problematiche finanziarie, costrinse Mussolini a soggiacere al ricatto franco-inglese: infatti, solo con l’accettazione delle richieste franco-inglesi all’Italia viene concesso, con la copertura della Società Delle Nazioni gestita da Francia ed Inghilterra, di realizzare la conquista dell’Etiopia in cambio della rinuncia al petrolio iracheno. Significativo e documentante il testo di un colloquio tra Mussolini ed il presidente dell’AGIP, Umberto Puppini, convocato a Palazzo Venezia alla fine del novembre 1935 perché adeguasse la politica dell’AGIP alla volontà del governo italiano: «I superiori destini della nostra Patria ci impongono di sacrificare i nostri interessi petroliferi in Iraq [...]. Trame e insidiose manovre speculative messe in atto contro i nostri interessi non devono compromettere la grandezza del nostro Impero!».
Dopo le vicende belliche della Seconda Guerra Mondiale, i risultati elettorali italiani del 18 aprile 1948 ratificano nei fatti la collocazione dell’Italia nell’orbita politica degli Stati Uniti, allontanandosi dalla vicinanza politica all’Inghilterra, specie dopo la firma del Patto Atlantico e la costituzione della NATO. Dopo questi eventi di portata mondiale, gli inglesi si rendono conto di correre seri rischi rispetto alla loro possibilità-esigenza di mantenere la pregressa determinante influenza nell’area mediorientale. In particolare il Foreign Office ritiene che i maggiori pericoli derivino dalla disintegrazione degli stati dell’area mediorientale, dalla tensione tra Israele e gli stati arabi, dall’inserimento politico dell’Unione Sovietica di cui non si esclude una eventuale iniziativa bellica nell’area.

Il 1954 registra un innalzamento del livello di tensione diplomatica inglese a causa della vincente politica dell’ENI dettata da Enrico Mattei che agisce in regime di monopolio in Italia e che dopo la scoperta dei giacimenti di gas nella valle del Po e dei giacimenti petroliferi in Sicilia, secondo l’ambasciatore inglese a Roma Ashley Clarke in una nota del 4 dicembre 1954, con tale politica metteva a rischio la sopravvivenza del governo regionale siciliano, sensibile ai richiami di Londra.
Il 1956 sancisce il definitivo tramonto dell’influenza inglese nell’area mediorientale: l’invio di truppe inglesi a Suez, con l’appoggio militare francese e israeliano, determina l’intervento del presidente americano Eisenhower che ordina agli inglesi ed ai francesi l’immediato ritiro delle loro truppe dall’Egitto. La posizione filoegiziana ispirata da Mattei è pagante determinando la crescita dell’influenza italiana nell’area. Gli inglesi registrano il pericolo determinato dall’efficiente attivismo di Mattei e classificano l’Italia come nemico-alleato. Nel 1957 dall’ambasciata inglese di Roma viene spedito un corposo dossier sull’ENI e su Enrico Mattei di cui si rileva la sua influenza decisiva sulla politica italiana che viene garantita dai finanziamenti che fornisce a varie testate giornalistiche italiane e dal suo rapporto di grande amicizia personale con il presidente italiano Giovanni Gronchi. Gli obiettivi espansionistici di Mattei, che introdurrà nuove percentuali di profitto per i paesi produttori, annullando (come ad esempio nel 1957 in Iran) la regola del 50% e garantendo il 75%, fanno sì che il Foreign Office dica di lui che è pericoloso perché potente e deciso e che, con le sue azioni, avrebbe determinato il maggior costo del petrolio a livello mondiale.
Le pressioni inglesi sui liberali e sui socialdemocratici italiani portano alle dimissioni del governo italiano, ma la manovra non ottiene i suoi effetti sperati perché Gronchi, in perfetta sintonia con Mattei, determina la formazione di un nuovo governo dove Giuseppe Pella è nominato ministro degli Esteri, il quale accompagnerà il presidente della Repubblica Gronchi e Mattei a settembre in visita a Teheran, una visita nel corso della quale saranno formalmente sanciti gli accordi tra ENI e Iran.
L’irritazione inglese e francese lievita ulteriormente quando il governo americano sostiene il ruolo dell’Italia come soggetto mediatore nei conflitti tra Occidente e Mondo Arabo. Il 1961 è l’anno cruciale per Mattei; dopo aver sottoscritto un accordo con l’Unione Sovietica per l’importazione di 12 milioni di greggio in 4 anni programma una missione in Cina per raggiungere accordi commerciali per fornire petrolio alla Cina e per realizzare una rete commerciale dell’AGIP nella stessa Inghilterra: la crescente presenza dell’ENI nel mercato del petrolio mondiale e l’attribuzione a Mattei di sentimenti antiamericani sono elementi che vengono fatti oggetto di missive informative che determinano preoccupazioni anglo-americane molto serie.
Foto di copertina: Pixabay
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Santi Maria Randazzo vive a Motta Santa Anastasia. Nel 1975 si è laureato in Pedagogia presso l’Istituto Universitario di Magistero di Catania con una tesi sulla delinquenza minorile.
Dopo avere svolto per tre anni attività di assistente volontario presso la Cattedra di Teoria e Storia della Didattica presso l’Istituto Universitario di Magistero di Catania, l’Amministrazione Provinciale di Catania gli ha conferito l’incarico di svolgere una indagine sulla devianza giovanile. Dal 1978 ha lavorato presso i Servizi Sociali del Comune di Catania, prima con il ruolo di Assistente Sociale, poi con quello di Funzionario-Coordinatore di Centro Sociale. Su incarico del Comune di Catania ha collaborato con la Procura per i Minorenni presso il Tribunale per i Minorenni di Catania e con il Provveditorato agli Studi di Catania. Per diversi anni ha fatto parte del Comitato Provinciale per la Prevenzione delle Tossicodipendenze, del Consiglio Scolastico Provinciale e dell’Osservatorio Permanente sulle Problematiche dell’Età Minorile istituito presso l’ex Provveditorato agli Studi di Catania e per conto dello stesso Organismo ha svolto indagini sul lavoro nero minorile in Provincia di Catania.
In passato ha ricoperto ruoli dirigenziali in ambito associativo, sindacale e politico, è stato capo delegazione CGIL-CISL-UIL al Comune di Catania. È stato corrispondente da Motta per il giornale La Sicilia. Da quando è andato in pensione, si dedica con passione allo studio della storia della Sicilia, trascorrendo gran parte del suo tempo presso le più importanti biblioteche dell’Isola. Ha pubblicato due libri in digitale, Motta Santa Anastasia nell’antichità: uno degli ultimi misteri della storia siciliana (2012) e Storia di Motta Santa Anastasia. Dalle antiche origini fino alla prima metà del XV secolo (2013), e per Algra Editore il volume Il ritorno degli Aragonesi in Sicilia (2019). Ha collaborato con diverse riviste: ArcheoMedia, Agorà, Incontri, Sicilia Report, Sikelian e MetroCT. Ama lo sport ed in passato ha praticato rugby e atletica leggera.