Nonna Mimma: il segreto della felicità è imparare a sognare e a realizzare i nostri sogni

Autore:
Marisa Falcone
08/03/2023 - 00:00

L’8 marzo è la giornata giusta per raccontarvi la storia di Domenica Rugolo, per tutti la signora Mimma, nonna Mimma o zia Mimma per i più giovani del quartiere del Castello Ursino.

Lei nasce a San Cristoforo, nel cuore di Catania, tanti ricordi di una giovinezza fin troppo semplice in cui non c’era posto per i sogni. Dopo le scuole elementari la mandarono a imparare il mestiere di pantalonaia. «C’era la fabbrica di liquirizia nel mio quartiere e poi l’hanno fatta diventare cinema», dice Mimma con espressione assorta. «Io frequentavo la chiesa Santa Maria della Salette, c’era quello per le ragazze della mia età a San Cristoforo; tanto che mi passò per la mente di farmi suora». Quando colui che poi diventerà suo maritosi spiegòlei aveva 18 anni e lo rifiutò perché «io non mi sentivo attratta dagli uomini, che ne so», in seguito però lo sposò solo perché una sua amica si interessava a lui.

I suoi primi anni di matrimonio furono difficili, connotati da dolori e perdite; poi la partenza per il Belgio agli inizi degli anni ‘60. Arrivarono i figli, «Anna Maria prima e Vito un anno dopo». Mimma in Belgio ci stava bene, le si aprirono nuovi orizzonti. Lì lavorava in fabbrica a cottimo, era la più veloce con la macchina da cucire, «ho imparato a parlare la lingua straniera io e pure la cucina francese», e in fabbrica rimase per anni; «là uomini e donne ricevevano la stessa paga, si stava bene. Le donne lavoravano tutte». E in quei dieci anni scoprì «la libertà dei giovani che potevano uscire di casa, c’era gente che andava a ballare, le donne andavano al bar senza il marito». E anche lei prese presto quelle abitudini e, finalmente, imparò a sognare. Suo marito rimaneva a casa e lei andava al bar tutte le sere e si portava i bambini. «Eravamo tranquilli perché passava la polizia per i controlli; c’erano le amiche della fabbrica e ballavamo tutte insieme e ci divertivamo dopo una giornata di lavoro».

Dopo quei dieci magnifici anni Mimma volle tornare nella sua Terra che le mancava. «Io ci andavo quasi ogni anno a Catania dai miei parenti perché là era il mio cuore».

A Catania riprese a lavorare come pantalonaia: «Trovai i tempi cambiati, le donne erano più aperte». Iniziò a frequentare il GAPA, «facevo doposcuola ai bambini della prima elementare; ci insegnavo pure a recitare e a ballare e a fare ginnastica». Le era sempre piaciuto ballare, da ragazzina ballava nelle feste in casa. Il marito sapeva ballare solo il tango e quando c’era lui ballava quello. Nei locali lei ballava di tutto, lui no. «Io avevo imparato tutti i balli e mi divertivo». Decise poi di fare volontariato anche alla Sartoria Sociale Midulla dove insegnava a fare la sarta. In seguito, cominciò a frequentare la Comunità di Sant’Egidio, «preghiera e pranzo tutti i venerdì», e la Casa Sociale delle Donne di via Plebiscito «per insegnare anche a loro il mestiere di sarta e liberarle dagli sfruttatori».

E oggi a 85 anni continua senza fermarsi. «Faccio i corsi ai ragazzi per spiegare il telefonino, ci raccomando a tutti che il telefonino non si usa quando ci sono gli altri, che i nonni si dispiacciono se i nipoti non li guardano in faccia perché guardano il telefonino».

«Quando venne la moda dei jeans io rimasi senza lavoro e così sono andata a fare i servizi da una famiglia e ci sono rimasta trent’anni. Mi volevano bene, mi trattavano come una della famiglia; la figlia mi ha fatto fare da testimone quando si è sposata».

E a Mimma la voglia di socialità non è mai passata come non è mai passato il piacere di frequentare i bar e festeggiare il suo compleanno con i tanti amici del quartiere nel suo ristorante del cuore. Lei ogni sera è al suo bar e ci resta fino a mezzanotte: «Io sono una donna libera, sono sola e faccio come voglio». Il suo sorriso e le sue parole affettuose sono per tutti, «tossici e prostitute sono miei amici come tutti gli altri; io voglio bene a tutti». Non giudica, non ha pregiudizi, Mimma. «La mia pensione se ne va per stare con gli amici». E di lei si dice: «Mimma la pensione come la prende la sparte». E se qualche amico o qualche amica lei non lo può incontrare lo chiama al telefono per fare interminabili chiacchierate perché «a me il telefono mi accorcia la tasca e mi allunga la vita».

È una dolcissima nonna. «Ce la portavo io a mia nipote Oriana a fare la lotta libera, è campionessa grazie a me che la accompagnavo di nascosto. Lei parla poco». E aggiunge: «Io cucino per i miei nipoti che mi portano a casa i loro amici. A casa mia c’è allegria».

Ed effettivamente Mimma è una brava cuoca e una brava pasticcera. «Io non vado mai a mani vuote, mi piace condividere in compagnia». I biscotti che mi offre durante l’intervista non li dimenticherò. Alla fine ci abbracciamo e ci facciamo pure un selfie, e lei mi invita al suo compleanno, al pranzo della Comunità di Sant’Egidio e io penso che parteciperò perché lei è una donna speciale.

 

Per chiudere questa intervista ecco i versi scritti da Mimma che condensano la sua filosofia di vita.

 

Il nostro sogno

Il nostro sogno è già realtà

e ogni cosa si avvererà.

Tutti insieme giochiamo e scherziamo.

Tutti insieme balliamo e parliamo.

Quante cose ci sono da fare!

Quante cose da inventare!

E ci sembra proprio un incanto

sentire dire: “Vi voglio bene tanto”.

“Non c’è nessuno più bello di te”

e “Che ne dici: pigliamo un caffè?”

È tanto bella la compagnia

quando ci unisce la simpatia!

Forse ogni sogno si può realizzare

insieme alla gente su cui puoi contare:

sui muri dipinti vogliamo lottare

e il nostro sogno conquistare.

E col nostro sogno si avvererà

la nostra grande felicità.

 

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