Olio extravergine, studiata la tracciabilità delle olive

Autore:
Redazione
16/11/2022 - 01:23

Messa a punto una metodologia che consente di verificare l’autenticità dell’olio extravergine attraverso la tracciabilità dell’origine geografica delle olive basata sul contenuto di elementi. I risultati della nuova ricerca sono stati pubblicati sulla rivista open source Foods.

Lo studio è stato condotto da ricercatori ENEA su trentasette campioni di olive e di foglie da undici specie di ulivo (le cultivar Cipresso, Canino, Frantoio, Leccino, Maurino, Moraiolo e Pendolino per la produzione di olio, l’Ascolana e l’Uovo di piccione per le olive da tavola e, infine, l’Itrana e l’Ortice per entrambe le tipologie di consumo) concentrandosi sull’analisi degli elementi chimici presenti. I campioni di olive (drupe) e di foglie di ulivo sono stati raccolti in due diverse aree di produzione nel Lazio: presso il Centro Ricerche Casaccia e nel comune di Allumiere, dove sono stati selezionati cinque diversi uliveti in base alle cultivar (in agronomia s’intende una varietà di pianta coltivata) e ai siti di produzione.

«Combinando insieme le più moderne tecnologie di analisi, siamo riusciti a identificare la firma geochimica del suolo trasferita alle olive. Questo apre alla possibilità di individuare, in modo sempre più veloce e accurato, l’origine geografica dei prodotti olivicoli e di “scovareeventuali frodi soprattutto tra le DOP che devono garantire caratteristiche di qualità, autenticità e tipicità strettamente legate al territorio di produzione», spiega Claudia Zoani, ricercatrice della Divisione Biotecnologie e Agroindustria.

Per questo studio i ricercatori hanno utilizzato tecniche di analisi con un’elevata sensibilità (Spettroscopia di emissione atomica a plasma indotto e Spettrometria di massa a plasma indotto), che consentono la quantificazione anche di elementi presenti a bassissime concentrazioni. «Per i nostri test ci siamo avvalsi anche di una tecnologia sviluppata nei laboratori del Centro Ricerche di Frascati, un dispositivo portatile basato sulla spettroscopia laser fotoacustica (Laser Photo-Acoustic Spectroscopy) che sfrutta luce e suono per eseguire in tempo reale misure non distruttive direttamente sul campione non trattato. Per queste sue caratteristiche, il laser è già stato applicato con successo nel campo dell’orticoltura, per rilevare l’attacco di agenti patogeni e per individuare eventuali frodi alimentari in prodotti come il latte in polvere, il miele, il vino, l’olio, i succhi di frutta, il pesce e alcune spezie. E le prove effettuate sulle foglie di olivo con il sistema laser, che si basano su spettri di tipo molecolare, hanno confermato i raggruppamenti per area geografica ottenuti dall’analisi elementale delle olive», aggiunge Claudia Zoani.

Nello specifico, i risultati dell’analisi elementale hanno dimostrato la possibilità di distinguere i campioni di olive e di foglie per area di produzione, in base alle differenti caratteristiche del suolo. Gli elementi più abbondanti nelle drupe dell’uliveto del Centro Ricerche Casaccia sono risultati lo stronzio (13 mg/kg) e il rame (13,44 mg/kg). Mentre per la zona di produzione di Allumiere è stato riscontrato un maggiore contenuto di rubidio (12,86 mg/kg) e, successivamente, di rame (11,36 mg/kg) e stronzio (6,74 mg/kg). Inoltre, avere cinque campi sperimentali nella stessa area di produzione di Allumiere ha permesso di confrontare in modo ancora più approfondito il comportamento delle stesse varietà nei diversi campi (ad esempio, le drupe del campo A5 presentano una maggiore concentrazione di rame, vanadio e di cromo, mentre nelle olive del campo A3 e A4 è stato rilevato un contenuto superiore di rubidio e di cobalto. Infine, titanio e zinco sono risultati gli elementi più abbondanti riscontrati nell’area A1).

«Oltre a stabilire l’origine geografica delle olive, l’analisi delle concentrazioni degli elementi nelle drupe potrebbe svolgere anche il ruolo di indicatore di inquinamento del suolo. Ma servono ulteriori studi per valutare quali caratteristiche del terreno possono influenzare la presenza dei vari elementi nelle olive e verificare come la loro biodisponibilità possa essere influenzata, ad esempio, dall’uso di fertilizzanti o di fungicidi. Tutto questo servirà a garantire una più ampia applicabilità del metodo ENEA per la tracciabilità geografica nelle diverse condizioni di coltivazione, insieme a valutazioni legate alla sicurezza alimentare», sottolinea ancora Claudia Zoani.

Il bacino del Mediterraneo rappresenta la più vasta area olivicola internazionale: Spagna (63%), Italia (17%), Grecia (14%) e Portogallo (5%) coprono il 99% della produzione di olio d’oliva dell’Europa che detiene il record in termini di produzione di olive e olio d’oliva (69% della produzione mondiale), di esportazione e di consumo. Oltre al valore economico, i prodotti olivicoli sono alla base della dieta mediterranea e hanno un elevato potere nutritivo e curativo. Il loro consumo è risultato essere un fattore protettivo contro diabete e malattie cardiache, infiammatorie e autoimmuni, grazie agli alti livelli di acidi grassi monoinsaturi, composti fenolici e antiossidanti. Anche i sottoprodotti delle olive hanno un alto valore; ad esempio, l’estratto di foglie di ulivo viene utilizzato come additivo alimentare per il suo alto contenuto di polifenoli ad attività antiossidante e antimicrobica.

 

Foto di copertina: Pixabay

 

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