Papavero comune: proprietà, coltivazione, usi e tradizioni
Il papavero comune o rosolaccio (Papaver rhoeas L.) è una specie erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Papaveraceae.
SISTEMATICA
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Papaverales, Famiglia Papaveraceae e quindi al Genere Papaver ed alla Specie P. rhoeas.
ETIMOLOGIA
Il termine Papaver è affine all’arabo “papámbele” e al sanscrito “papavara” (succo pernicioso), ma più comunemente si ritiene derivi dal latino “papaver”, che a sua volta proveniva dal celtico “papa” (pappa per i bambini), cosa che evidenzia come, probabilmente, in passato fosse unito ai cibi, in particolare quelli dei bambini per conciliarne il sonno. Il nome specifico rhoeas deriva dal greco “rheo” (scorrer via), ed indica i petali presto caduchi, che scorrono, ad ogni soffio di vento oppure da “róia” (melograno) per il colore rosso.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA ED HABITAT
Papaver rhoeas è una specie tipica del Mediterraneo orientale, diffusa sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est (area della Vite). Il suo habitat è quello dei campi, negli incolti secchi e negli ambienti ruderali, ai bordi di strade e ferrovie; infestante dei cereali e delle colture; si trova tra 0 e 1.900 metri sopra il livello del mare ed in Italia è presente in tutte le regioni.
DESCRIZIONE
Il papavero comune è una specie erbacea annua, con radice bianca a fittone, fusti eretti, ramificati e setolosi, ricoperti di peli lunghi e patenti, che può raggiungere altezze variabili tra 20 e 80 cm. Le foglie sono dotate di peli segosi e morbidi, con quelle basali a rosetta che sono pennatopartite con i segmenti lanceolati o ellittici e margine dentato, con apice acuto e base lungamente picciolata, le foglie cauline sono invece più semplici e sessili.
I fiori crescono solitari e sbocciano all’apice di lunghi peduncoli coperti di peli patenti; sono inodori, larghi 5/7 cm, con i boccioli penduli prima della fioritura. Hanno un calice composto da 2 sepali setolosi, caduchi e la corolla con 4 petali tondeggianti anch’essi molto effimeri (durano un giorno o poco più) di colore rosso vivo, macchiati alla base di nero. Troviamo numerosi stami di colore nerastro. I frutti sono capsule ovali glabre, sormontate da uno stigma piatto, contenente numerosi piccoli semi, reniformi, grigiastri e reticolati che, a maturità, escono dalle aperture poste sotto lo stigma. Ogni pianta produce mediamente da 10.000 a 20.000 semi che rimangono vitali nel terreno fino a 40 anni. La pianta ha un caratteristico forte odore che produce un succo lattiginoso bianco e acre. L’antesi si ha nel periodo di aprile/luglio ma si può protrarre anche fino settembre/ottobre.
COLTIVAZIONE
Il papavero, come detto, è una pianta spontanea e rustica, motivo per cui la sua coltivazione non è per niente difficoltosa. È importante, però, seguire determinate regole per far sì che la pianta cresca sana e rigogliosa. Innanzitutto, occorre stabilire il luogo in cui piantare i semi. Lo spazio ideale è un ampio giardino, tuttavia, è possibile seminare un po’ ovunque: margini di strade, marciapiedi, muri. L’importante è che ci sia, ovviamente, della terra, che la pianta sia esposta al sole e la zona sia ben ventilata. Scegliete dunque un luogo non troppo ombreggiato e assicuratevi di piantare i semi ad almeno 15-20 cm l’uno dall’altro. Per la tecnica di coltivazione si può consultare la seguente scheda.
USI E TRADIZIONI
I petali ed i semi del Papaver rhoeas possiedono leggere proprietà sedative: il papavero comune è parente stretto del papavero da oppio, da cui si estrae la morfina. Contiene inoltre degli alcaloidi, dei quali il principale è la rhoedina, dalle proprietà blandamente sedative. Bisogna sapere che gli alcaloidi presenti sono blandamente tossici, per questo motivo è sconsigliata l’assunzione abituale di estratti ed infusi ottenuti da questa pianta, in particolare a bambini ed anziani.
MODALITÀ DI PREPARAZIONE
In Friuli il cespo di foglie, che si sviluppa attorno alla radice all’inizio della primavera, quando la pianta è ancora poco sviluppata ed è lontana dalla fioritura, viene consumato lessato ed eventualmente saltato in pentola come verdura nota sotto il nome di “confenòns”. Il sapore è delicato e leggermente amaro. La pianta giovane, che non abbia emesso il fusto fiorale, si può consumare cruda, soprattutto le foglie, tagliata sottile e frammista ad altre verdure, per fare delle ottime insalate, che, se condite con sale, succo di limone e olio di oliva nell’ordine, sono gustosissime. Nel Veneto tale pietanza è chiamata “rosoina”, “pevarel” o “batis’ciosoe”; in realtà questo ultimo nome si riferisce alla Silene, chiamata anche s-ciopèt. Anche nel Salento si consuma questa pianta nota come “paparina”. In Romagna, è conosciuta con il nome di “Rosole”. Si utilizzano in cucina, da crude, dopo averle triturate finemente e lasciate macerare sotto sale per 24/36 ore. Dopo averle strizzate, si utilizzano per fare da ripieno al famoso “Cassone” (o Cascione).
Anticamente con 4 o 5 petali per tazza veniva preparato un infuso che veniva tradizionalmente somministrato ai bambini prima di coricarsi in maniera da indurre loro un sonno migliore; per via però della tossicità (anche se blanda) di alcuni alcaloidi se ne sconsiglia l’uso.
Fonti
– Acta Plantarum - Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore. Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An Annotated Checklist of the Italian Vascular Flora, Palombi Editore.
Attenzione
Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.
In copertina: Foto di Renee Conoulty su Unsplash
(L'articolo che avete appena letto è tratto dal sito web Un Mondo Ecosostenibile. Lo abbiamo pubblicato previa autorizzazione del suo autore Guido Bissanti)
clicca e scopri come sostenerci