Epidemia? La risposta è: senso civico e umanità
Ci coglie in un momento assai delicato questa epidemia virale che sembra essere metafora dello sconquasso sociale, politico e culturale che è sempre pronto a ghermire ogni formazione umana quando gli egoismi prendono il sopravvento. Tutti i media hanno indicato il comune di Codogno come epicentro e focolaio della epidemia di coronavirus. Prima ancora che venissero adottate misure coercitive per evitare la diffusività venne caldamente raccomandato di sottoporsi alla “quarantena fiduciaria domiciliare”. Una coppia di cinesi di ritorno dalla loro terra natale dette esempio di rispetto e senso civico mettendosi in quarantena nonostante fossero passati dai controlli sanitari aeroportuali ed invece c’è chi è fuggito da Codogno nonostante tutto e deliberatamente ignorando le raccomandazioni.
Bisogna riflettere sulla scelta di chi, fuggendo, per tornare ad Avellino e a Messina, ha accettato il rischio di essere un veicolo del virus ed ha accettato il rischio di contribuire alla sua eventuale diffusione. Forse non se lo è neanche posto il problema, eppure tutti i media ci hanno avvertito della pericolosità e della diffusività del “Coronavirus”.
Chiunque sa che le epidemie sono assai pericolose perché sono una malattia infettiva contagiosa, aggressiva, caratterizzata da un'elevata e incontrollabile capacità di diffusione. Il comportamento dei fuggiaschi è sicuramente censurabile in base ai parametri offerti dall'etica. Probabilmente, se a causa del loro rientro avvenisse il temuto contagio, il loro comportamento potrebbe essere censurato, e molto duramente, dal codice penale che prevede la punizione con l'ergastolo di chiunque diffondendo germi patogeni quali i virus o altri microorganismi in grado di propagarsi e diffondersi tra la popolazione umana causi una epidemia. Non ci vuole una deliberazione criminale: per commettere il reato basta solo che si accetti il rischio di determinare con la propria azione l'epidemia che poi viene in effetti innescata.
La vicenda richiama alla mente la descrizione delle miserie di tanti degli uomini davanti alla peste fatta da Boccaccio nel suo Decamerone, opera dove venne pure descritta la portata della dissoluzione fisica morale e sociale che imperversò quasi sette secoli orsono quando era stata smarrita la ragione e pure l’umanità.
Oggi come ieri appare necessario “rimanere umani” e cogliere appieno il disvalore della scelta di quelli che, decidendo di mettersi in movimento sapendo di provenire da una zona ad alto tasso di infezione per fare ritorno nelle case familiari, non hanno considerato minimamente il fatto che avrebbero diffuso il morbo durante tutto il viaggio infettando poi i propri stessi parenti lontani dal focolaio. Oggi come ieri si coglie in questo atto sconsiderato la mancanza assoluta di civismo, di etica, di solidarietà umana, di responsabilità che stanno alla base dell’accettare di cagionare ad un numero indefinibile di persone la malattia ed il pericolo della prosecuzione della sua diffusione.
Possiamo emendarci o, come ritiene qualcuno, siamo irredimibili?
Chi ha avuto la fortuna di leggere il Decamerone e di non considerarlo un libro comico e licenzioso, ricorderà di certo che esso induce il pensiero di una nuova umanità che nasce dalla corruzione della precedente, una nuova umanità fatta da quella brigata di giovani che decidendo di lasciare Firenze per la campagna si salvano e si nutrono di cultura, ragionevolezza e rispetto di se stessi e del prossimo.
Ieri come oggi, in questa umanità mai guarita dai suoi tanti mali, appaiono in contemporanea due epidemie: quella virale che può condurre fino alla dissoluzione dei corpi distruggendone la funzione vitale del respiro, e quella etica in grado di condurre alla dissoluzione delle famiglie, delle aggregazioni sociali, dei rapporti umani annichilendo lo spirito di buona cittadinanza e svilendo il ruolo delle istituzioni pubbliche.
L’auspicio è che questa epidemia venga fermata prima che si pervenga al dissesto già in atto del sistema socio-economico assai precario; ma, comunque vadano le cose, essa offre una opportunità forse unica in questi tempi in cui non resta altro che provare, oggi come sette secoli orsono, a ripristinare il valore dell’equilibrio e della razionalità usando semplicemente ragione e sentimenti a dispetto di qualunque interesse da chiunque vantato. Non resta altro che prendere la lezione di Giovanni Boccaccio; e, invece di recludersi nel vano tentativo di non essere travolti rifuggendo da tutto e tutti, riunirsi per confrontarsi e compiere scelte ragionevoli per ricostruire rapporti sociali, per riscoprire i valori umani, per ricostruire la società che è sotto l'effetto distruttivo e paralizzante di una peste intellettuale.
Come ci ha insegnato Boccaccio, ciò che ci accade e cerca di condizionarci lo possiamo sempre volgere a nostro favore usando appropriatamente quella forza interiore che è la nostra intima natura fatta di istinti e desideri che devono essere riconosciuti ed accettati con intelligenza ed educati usando una potentissima ed invincibile forza che domina la vita e la morte e dona pienezza gioia e bellezza: “l’Amore”.
Enzo Faraone, presidente A.D.A.S.