Femminicidio, uno stigma di stampo sessista

12/02/2021 - 02:10

Tre

Tre donne

Tre donne morte

Tre donne morte perché uccise

Tre donne morte perché uccise in 24 ore

Tre donne morte perché uccise in 24 ore che si incontrano, ancora acciaccate per quanto accaduto, hanno tutte i segni delle coltellate, la carne lacerata, il sangue non ancora seccato, e quello sgomento negli occhi, quasi una sorpresa nello scoprire che chi stava loro accanto possa essere arrivato a tanto.

E si guardano Piera, Luljeta e Ilenia, si guardano e si riconoscono l'una nell'altra, leggono negli sguardi la stessa storia, la stessa sofferenza,lo stesso finale.

«Vedrai, adesso parleranno di me al telegiornale, finalmente mi crederanno, non mi manderanno a casa dicendomi che devo essere paziente».

«Sì, parleranno anche di me, io stavo scappando, pensavo che finché ero in mezzo alla strada, con la gente intorno, lui non mi avrebbe fatto niente. E invece mi sbagliavo, perché mi ha inseguita e proprio in mezzo alla strada mi ha presa, mi ha colpita. Non pensavo di morire così, tra l'erba ed il fango di una rotonda».

«Pure io adesso sono una notizia, un'altra che, poverina, ha scelto l'uomo sbagliato».

Perché poi alla fine è così, è sempre un po’ colpa delle donne che non si accorgono, che non vanno via subito, che scelgono l'uomo sbagliato.

Perché lui, l'uomo, è debole, si sa, non può certo sostenere l'idea di un abbandono, di un qualcosa che finisce, è lui che deve decidere e allora è lui che mette la parola fine.

Odio la parola FEMMINICIDIO, coniata dagli uomini, dove l’uccisore è un uomo e il motivo per cui la donna viene uccisa è il fatto proprio di essere donna,e non capisco perché si sia sentita la necessità di trovare una parola nuova per definire quello che essenzialmente è, una violenza protratta fino alle estreme conseguenze, quindi la morte.

FEMMINICIDIO, quasi uno stigma di stampo esclusivamente sessista, che vede il femminile disprezzato in quanto tale, dove l’uccisione è quasi sempre l’estremo passaggio di una sequenza che prevede violenza sia fisica che verbale e psicologica, stupro, così da affermare ancora e di più la predominanza del maschio sulla FEMMINA, che viene considerata un nulla sociale, una cosa di cui si deve avere il possesso, ed il controllo.

FEMMINICIDIO, è un delitto che trova la sua genesi, i suoi motivi più profondi, in una cultura ancora profondamente radicata, e che è trasversale alla classe sociale, alla scolarizzazione, che vede questi comportamenti perpetrati tra le pieghe del nostro mondo libero, spesso solo in apparenza, che se da un lato ci propone modelli di donna emancipata, padrona della sua vita, in realtà non accetta che questo avvenga, e la violenza privata, lo schiaffo tra le mura domestiche, diventa inevitabilmente di dominio pubblico, quando arriva il punto di non ritorno, quando il lui di turno decide che la ribellione va punita, e la minacciaTi ammazzosupera il confine e diventa morte.

Certo, a fatti avvenuti, l’indignazione sale, si levano da più parti voci piene di dolore e si fanno i soliti discorsi pieni di buone intenzioni, ma che non cambiano sostanzialmente nulla.

Questo mondo resta tremendamente e ferocemente machista e maschilista, e le aule di Tribunale, quando questi assassini arrivano al giudizio, sentono quasi sempre riecheggiare le parole RAPTUS, INCAPACITÀ DI INTENDERE, ma è già troppo tardi.

Bisogna scardinare quell’impianto culturale-familiare in cui il modello patriarcale è ancora l’unico conosciuto ed agire con una educazione al rispetto dell’essere umano che deve partire dall’infanzia, bambine e bambini in eguale misura.

In fondo se la sono cercata, queste donne che non sono state al loro posto, che addirittura pretendevano amore e rispetto.

 

Cetty Moscatt