La black list dei cibi: i dieci prodotti importati più contaminati

Autore:
Redazione
07/10/2020 - 04:29

Con un campione su cinque (20%) risultato irregolare per la presenza di residui chimici i peperoncini piccanti provenienti da Repubblica Dominicana e India sono il prodotto alimentare meno sicuro presente sulle tavole degli italiani, ma a preoccupare per gli elevati livelli di contaminazione sono nell’ordine le bacche di Goji provenienti dalla Cina ed il riso dal Pakistan che salgono sul podio.

È quanto emerge dalla “Black list dei cibi più contaminati” presentata dalla Coldiretti sulla base degli ultimi rapporti elaborati dall’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sui Residui dei Fitosanitari in Europa e dal Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti”.

Nella classifica dei dieci prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono poi i melograni dalla Turchia con quasi un campione irregolare su dieci (9,1%), il tè dalla Cina, l’okra (o gombo - ha le sembianze di una piccola zucchina) importata dall’India, il dragon fruit proveniente dall’Indonesia e dall’aspetto particolarmente decorativo, i fagioli secchi provenienti dal Brasile ed i peperoni dolci e le olive da tavola provenienti dall’Egitto che godono, peraltro, di un regime agevolato a dazio zero da parte dell’Unione Europea.

Si tratta di prodotti arrivati in Italia con elevati livelli di irregolarità perché contaminati dalla presenza di insetticidi, spesso non più ammessi dalla legislazione nazionale ed europea, come avviene nel caso di Dicofol, Acefato, Permetrina, Clorfenapir, Methamidophos riscontrati nei peperoncini, del Tricyclazole nel riso dal Pakistan, dell’Isoprothiolane negli esotici dragon fruit e di Fenpropimorph, Procimidone, Propoxur, Methamidophos nei fagioli secchi brasiliani.

E non parliamo purtroppo di casi isolati poiché dai risultati delle analisi risulta che i prodotti alimentari importati in Italia, con l’1,9% di campioni esaminati irregolari, sono ben tre volte più pericolosi dei prodotti di origine nazionale per i quali solo lo 0,6% dei prelievi è risultato non conforme ai limiti di legge consentiti. La situazione è ancora più rischiosa per quelli di origine extracomunitaria per i quali la percentuale di irregolarità secondo l’EFSA sale al 5,8%, ben otto volte superiore ai prodotti Made in Italy.

Vengono così confermate le preoccupazioni sulle sostanze chimiche negli alimenti espresse recentemente dalla Corte dei Conti Europea che ha denunciato il mancato rispetto nei cibi di provenienza extra-UE degli stessi standard di sicurezza UE sui residui di pesticidi e ci si domanda quali misure intenda prendere la Commissione Europea «per mantenere lo stesso livello di garanzia sia per gli alimenti prodotti nella UE che per quelli importati».

Un aiuto ai consumatori viene dall’obbligo di indicare il paese di origine in etichetta che, grazie al pressing della Coldiretti, è in vigore per la maggioranza degli alimenti in vendita, dalla frutta alla verdura fresca, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova, dalla carne bovina a quella di pollo fino ai salumi per i quali è stato da poco pubblicato il decreto.

«È necessario però che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della sicurezza dei consumatori», ha detto il presidente della Coldiretti Ettore Prandini sottolineando che «che dietro gli alimenti italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore».

 

In copertina: Bacche di Goji (Fonte: Pixabay)

 

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