Amazzonia a rischio “estinzione”. Vicini al punto di non ritorno?

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Redazione
29/08/2020 - 03:39

L’attenzione dell’opinione pubblica è tutta concentrata sulla gravissima pandemia provocata dal Covid-19, ma un’altra grave emergenza rischia di passare in secondo piano. Parliamo dei grandi incendi forestali, eventi che, ormai sempre più frequenti, in questo amaro 2020 rischiano di risultare più devastanti rispetto a quelli dello scorso anno.

A dirlo è un nuovo report, “Fuochi, Foreste e Futuro: una crisi fuori controllo?”, realizzato da WWF e Boston Consulting Group (BCG), dove si scopre che già nel mese di aprile il numero di incendi segnalati in tutto il mondo - dall’Amazzonia all’Australia passando per la Russia - era aumentato del 13% rispetto al 2019. I fattori principali sono il clima sempre più caldo e secco, dovuto al cambiamento climatico, e la deforestazione, quest’ultima causata principalmente dalla conversione dei terreni per l'agricoltura. L'espansione dell'agricoltura, la conversione delle foreste in piantagioni di alberi e in pascoli, la deforestazione illegale, infatti, continuano a guidare la conversione e il degrado degli ecosistemi naturali, aumentando così il rischio di incendi, che per il 75% sono responsabilità dell’uomo.

AMAZZONIA SULL’ORLO DEL BARATRO

Ma per l’Amazzonia in particolare questo non sarà solo un altro anno di incendi. Negli ultimi 10 anni, sono stati persi circa 300.000 chilometri quadrati di foresta amazzonica, pari all’intera superficie dell’Italia. Nello stesso arco di tempo sono stati tagliati, sono andati in fumo o sono stati degradati oltre 170.000 chilometri quadrati di foresta primaria, quella più preziosa e ricca di biodiversità, la maggior parte della quale in Brasile. Il 2019 è stato l’annus horribilis degli incendi nel mondo, con 12 milioni di ettari (120.000 chilometri quadrati) di foresta amazzonica andati in fumo. Il tasso di deforestazione, però, è ancora in costante aumento nell'Amazzonia brasiliana, dove da agosto 2019 a luglio 2020 è stato registrato un numero di alert superiore del 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Gli ultimi dati, poi, mostrano che nel 2020 gli incendi nell'Amazzonia brasiliana superano di oltre il 52% la media decennale, e di quasi un quarto (del 24%) quelli degli ultimi tre anni. Nel mese di luglio, l'Istituto brasiliano di ricerca spaziale (INPE - Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais) ha registrato nella sola Amazzonia brasiliana un aumento del 28% del numero di incendi rispetto allo stesso periodo del 2019 (6.803 incendi registrati rispetto ai 5.318 roghi di luglio 2019), principalmente causati dall'impennata dei livelli di deforestazione illegale.

Deforestazione e cambiamento climatico stanno spingendo l’Amazzonia versol’estinzione”. La foresta ridotta e degradata è più soggetta ad incendi, alla perdita di biodiversità e della capacità di fornirci alcuni servizi irrinunciabili. Infatti, la foresta amazzonica genera piogge, raffredda la Terra, assorbe gas serra, immagazzina carbonio, custodisce il 10% della biodiversità mondiale, contrasta la desertificazione, produce acqua, cibo e medicine; oltre a custodire ancora comunità indigene senza le quali, spesso, molte aree della foresta amazzonica non sarebbero protette e salvaguardate. Ma per esistere ha bisogno del vapore e delle piogge prodotti dai suoi stessi alberi: una singola molecola di acqua in Amazzonia, grazie agli alberi, può cadere sotto forma di pioggia fino a sei volte. Molti ricercatori sono concordi nel dire che la distruzione della foresta amazzonica si sta velocemente avvicinando ad un punto oltre il quale l’ecosistema, vero e proprio motore della biosfera, rischia di collassare. Questo punto viene chiamato “tipping point”, un punto di non ritorno. La perdita tra il 20% e il 25% della distesa di alberi porterebbe difatti ad una drastica riduzione delle piogge e dell’umidità cruciali per fare vivere e mantenere la foresta stessa. Un microclima più arido e asciutto innescherebbe inevitabilmente la graduale scomparsa della foresta tropicale, lasciando spazio ad aride savane. L’ecosistema collasserebbe in maniera irreversibile. Ad oggi la foresta amazzonica ha perso il 19% della superficie di alberi presente nel 1970. Continuando con l’attuale trend di deforestazione secondo gli scienziati più accreditati il tipping point sarà raggiunto in 10-15 anni.

Pertanto, andrebbero attuate misure urgenti per far fronte all’emergenza con la consapevolezza che, se non si invertirà la rotta in Amazzonia, ma anche in tutte le foreste del Pianeta, il rilascio di milioni di tonnellate di anidride carbonica in più causerà conseguenze devastanti a lungo termine. La crisi provocata dagli incendi si aggiunge ai terribili impatti immediati che decimano la biodiversità, distruggono gli ecosistemi cruciali, minacciano vite, proprietà, mezzi di sussistenza ed economie, oltre ad aumentare il rischio di provocare problemi di salute a milioni di persone in tutto il mondo. Ora più che mai i governi devono rendere più ambiziosi i piani nazionali per il Clima e la riduzione delle emissioni previsti dall’accordo di Parigi.

(Fonte: WWF - Fotografia di copertina: Pixabay)

 

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