Barbabietola: proprietà, coltivazione, usi e tradizioni

Autore:
Guido Bissanti
02/08/2023 - 00:24

La barbabietola (Beta vulgaris L., 1753) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae.

SISTEMATICA

Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Superdivisione Spermatophyta, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Sottoclasse Caryophyllidae, Ordine Caryophyllales, Famiglia Chenopodiaceae e quindi al Genere Beta ed alla Specie B. vulgaris.

ETIMOLOGIA

Il termine Beta proviene dall’antico nome latino in Plinio, Cicerone e altri, forse derivato dal greco βλίτον blíton bietola (in Teofrasto). L’epiteto specifico vulgaris deriva da vúlgus volgo: molto comune, ordinario per la grande diffusione, banale.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA ED HABITAT

Beta vulgaris è una specie di origine euromediterranea in un areale centrato sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est nella stessa area della Vite.

DESCRIZIONE

La barbabietola è una specie erbacea biennale con radici fittonanti, raramente perenne. I fusti possono arrivare ad un’altezza di 1-2 metri. Le foglie sono a forma di cuore, lunghe 5-20 centimetri nelle piante selvatiche, ma di dimensioni più grandi nelle varietà coltivate. Ha fiori molto piccoli, del diametro di 3-5 millimetri, di colore verde o rossastro, con cinque petali; i fiori sono riuniti in dense spighe; l’impollinazione è anemofila. Il frutto composto è un catoclesio formato dai perianzi fruttiferi concresciuti, diventati succulenti, fermamente uniti tra loro, con un seme lenticolare, di colore rosso bruno, di 2-3 millimetri.

COLTIVAZIONE

La Beta vulgaris è una pianta che gradisce terreni di medio impasto, neutri o leggermente alcalini e, soprattutto, ben drenati; comunque è una delle specie agrarie che si adatta meglio ai terreni argillosi, purché ben curati e sistemati per lo smaltimento delle acque di circolazione.

La barbabietola è una pianta coltivata essenzialmente nei paesi a clima temperato. Si tratta di una specie a ciclo biennale che, nel primo anno, permette l’accumulo nella radice di riserve sotto forma di zucchero, mentre nel secondo anno sviluppa il fusto fiorifero. In coltura, per poter estrarre lo zucchero, la pianta viene estirpata al completamento dello sviluppo del primo anno.

Nelle coltivazioni eseguite in aree più settentrionali la barbabietola viene seminata in primavera e raccolta a partire dalla fine di agosto. Nel meridione, per ridurre le contrazioni della resa in radici e in zucchero, dovute alla maggiore intensità dei processi respiratori causata dalle temperature più alte, si coltiva invece a ciclo autunno-primaverile, con raccolta in estate.

La coltivazione in Europa si attesta oggi sui 120 milioni di tonnellate di barbabietole, con una produzione di 16 milioni di tonnellate di zucchero bianco; i paesi maggiori produttori sono la Francia e la Germania e, ad eccezione del Lussemburgo, tutti i paesi dell’Unione Europea estraggono zucchero dalle barbabietole in quantità tale da soddisfare il 90% del fabbisogno.

In Italia la barbabietola viene coltivata specialmente nella Pianura Padana e nelle province di Ferrara, Ravenna, Mantova e Rovigo.

USI E TRADIZIONI

La Beta vulgaris ha una lunga storia di coltivazione che risale al secondo millennio a.C.; le forme coltivate furono selezionate a partire da forme selvatiche presenti lungo le coste del Mediterraneo e si diffusero poi da Babilonia (dal VIII secolo a.C.) sino all’Estremo Oriente.

La bieta, detta anche erbetta o bietola, nella sua specie originaria fu oggetto di raccolta alimentare fin dalla preistoria, essendo diffusa spontaneamente nei litorali sabbiosi del bacino del Mediterraneo. La pianta era tanto pregiata che le selezioni per ottenere foglie più grandi cominciarono addirittura tremila anni fa ad opera proprio dei Babilonesi. Nel corso dei secoli dalla pianta originaria sono derivate le erbette da orto, le coste, le rape rosse e quelle da zucchero. Delle biete si studiarono anche le proprietà terapeutiche, come riporta il “tacuinum sanitatis” del XIV sec.: «[...] Il loro succo toglie la forfora dalla testa e scioglie il ventre [...]».

Aristotele e Teofrasto menzionano già biete coltivate per la produzione di foglie commestibili. A Roma ne parlano Plinio il Vecchio e Columella. La Beta, infatti, veniva usata non solo come cibo, ma anche come medicinale. Già nel XV secolo era assai diffusa la sua coltivazione, soprattutto nei monasteri. Inizialmente veniva coltivata per le sue foglie, in seguito si diffuse anche il consumo della radice (specialmente la variante rossa). Bisogna poi giungere al 1747 quando il chimico prussiano Andreas Sigismund Marggraf dimostrò che i cristalli dolci ricavati dal succo di barbabietola avevano le stesse caratteristiche di quelli della canna da zucchero; il chimico però non andò oltre. Fu il suo allievo, Franz Karl Achard, che inizio la produzione commerciale dello zucchero di barbabietola, con l’apertura di una prima fabbrica nel 1801 a Cunern, nella Bassa Slesia.

La barbabietola ha assunto notevole importanza commerciale in Europa a partire dalla metà del XIX secolo in seguito alla coltivazione estensiva in Germania della barbabietola da zucchero, che forniva un’alternativa alla canna da zucchero tropicale. Oggi esistono diverse cultivar, alcune coltivate per le foglie, altre per le radici commestibili da cotte, altre ancora per la produzione di zucchero.

Furono successivamente le guerre napoleoniche, con il blocco dell’importazione dello zucchero di canna avvenuto nel 1806, a velocizzare sperimentazione e coltivazione della barbabietola.

La coltivazione della barbabietola è legata anche alle sue tante varietà; ne esistono da zucchero, da orto, da foraggio ed altre destinate all’alimentazione del bestiame. Tra le varietà ricordiamo:

Barbabietola da zucchero Beta vulgaris var. saccarifera;

Barbabietola da foraggio Beta vulgaris var. crassa;

Bietola da coste Beta vulgaris var. cicla;

Bietola da orto Beta vulgaris var. cruenta;

Barbabietola da foraggio rossa mammouth.

La Beta vulgaris, oltre ad essere ricca di zuccheri, sali minerali e vitamine ed altre sostanze utili, ha proprietà dietetiche e salutari: assorbe le tossine dalle cellule e ne facilita l’eliminazione, è depurativa, mineralizzante, antisettica, ricostituente, favorisce la digestione, stimola la produzione di bile e rafforza la mucosa gastrica, cura le anemie, le infezioni del sistema cerebrale, stimola la produzione dei globuli rossi, scioglie i depositi di calcio nei vasi sanguigni e ne impedisce l’indurimento, stimola il sistema linfatico.

I componenti presenti sono: sodio, potassio, ferro, vitamina A, vitamina C, fibra. Inoltre, tutti i tipi di barbabietola contengono antiossidanti e una notevole quantità di acido ossalico e di nitrati. Da recenti ricerche scientifiche si è scoperto che proprio la presenza dei nitrati nelle barbabietole rosse ha effetto ipotensivo.

MODALITÀ DI PREPARAZIONE

Le parti commestibili della barbabietola sono le foglie (bieta o bietola) e le radici. Oggi troviamo la bieta presente in tutta la cucina regionale italiana, utilizzata solitamente cotta.

I modi di preparare e cucinare la barbabietola sono legati alle innumerevoli varietà; per questo motivo troviamo ricette che prevedono l’utilizzo come verdura cruda e cotta, insalate, ripieno per ravioli, pizze, pasta per il pane, minestre, minestroni, frittate, zuppe.

Negli ultimi anni si va diffondendo l’uso del succo di barbabietola per le sue proprietà di prevenzione sulle disfunzioni al fegato, ai reni, al pancreas. Poi, va detto che cura anche l’ulcera; rinforza i polmoni, previene l’infarto e abbassa la pressione alta; rinforza il sistema immunitario; inoltre, pare che sia ottimo per la vista e gli occhi, dato che elimina gli occhi rossi e stanchi e gli occhi asciutti; aiuta anche ad eliminare la stanchezza da troppa attività fisica ed i dolori muscolari; svolge infine un’azione disintossicante, e aiuta la motilità intestinale, eliminando la stitichezza.

 

Fonti

– Acta Plantarum - Flora delle Regioni italiane.

– Wikipedia, l’enciclopedia libera.

– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore. Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.

– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.

– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An Annotated Checklist of the Italian Vascular Flora, Palombi Editore.

 

Attenzione

Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

 

In copertina: Foto di Emma-Jane Hobden su Unsplash

 

(L'articolo che avete appena letto è tratto dal sito web Un Mondo Ecosostenibile. Lo abbiamo pubblicato previa autorizzazione del suo autore Guido Bissanti)

 

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