Covid-19: lo smog aiuta a diffonderlo e lo rende più virulento

Autore:
Redazione
14/11/2020 - 05:36

Più una città è attanagliata nella morsa di smog e polveri sottili, più il Covid-19 corre veloce, aumentando numero dei contagi e carica virulenta.

A dare conferme (già in passato la questione è stata ampiamente dibattuta) su una stretta connessione fra virus e PM10 sono due ricerche condotte da un team italo-francese composto dai professori Cosimo Magazzino dell’Università Roma Tre, Marco Mele dell’Università Niccolò Cusano e Nicolas Schneider della Sorbona di Parigi. I tre esperti hanno messo a punto un innovativo algoritmo che è stato in grado di analizzare i dati di Parigi, Lione, Marsiglia, Milano e di diverse città indiane, scoprendo che esiste un legame inscindibile fra livelli di polveri sottili e aggressività del virus.

L’indagine, molto apprezzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha deciso di invitare i tre docenti alla “Covid-19 Virtual Press Conference” in programma a gennaio, nelle prossime settimane sarà ampliata, focalizzandosi esclusivamente sul caso Italia.

«Divideremo il nostro Paese in zone in base ai livelli di inquinamento da PM10, PM2.5 e N2O e successivamente utilizzeremo un algoritmoD2Cin grado di stimare con precisione il nesso di causalità predittiva tra queste variabili e la diffusione/contagio da Covid-19», ha dichiarato Marco Mele.

Pubblicati su due riviste di riferimento per il mondo accademico-scientifico, Applied Energy e Environmental Science and Pollution Research, gli studi hanno evidenziato per la prima volta come, superato il valore soglia di PM10 e PM2.5, si inneschi un meccanismo avverso che agevola l’aggravamento e la morte da Covid-19.

Una relazione che, attraverso una modellistica complessa di Machine Learning, mette insieme crescita economica, emissioni inquinanti e decessi causati dal Covid-19. L’algoritmo messo a punto da Marco Mele, Cosimo Magazzino e Nicolas Schneider contribuirebbe così a spiegare come mai in alcune parti d’Italia il virus si diffonda più velocemente e sia, al contempo, più aggressivo, impegnando seriamente il sistema sanitario locale.

Non pare dunque casuale che, anche nel corso della seconda ondata, il Covid-19 risulti più pericoloso in alcuni paesi piuttosto che in altri. Del resto, l’Italia, recentemente condannata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per aver violato dal 2008 al 2017 in maniera sistematica e continuata i valori limite UE sulle concentrazioni di polveri sottili (PM10), non è messa benissimo (soprattutto in aree come la Pianura Padana) in quanto ad inquinamento dell’aria.

«Il Covid-19, come risaputo, colpisce prevalentemente le vie respiratorie. Le polveri sottili PM10 e PM2.5 potrebbero aver creato, attraverso l’effetto avverso sui polmoni, un terreno fertile sul quale il virus ha amplificato un processo di infiammazione, probabilmente già preesistente. In aggiunta, le polveri sottili possono assurgere - date le dimensioni specialmente del PM10 - al ruolo di carrier del virus proprio come avviene nella diffusione aerosol tra le persone», ha detto Marco Mele.

Da capire, a questo punto, quali potrebbero essere i giusti comportamenti da mettere in pratica per ridurre la diffusione del virus e la sua pericolosità.

«Dal momento che le nostre ricerche hanno evidenziato che il livello di concentrazione delle polveri sottili ammesso dalla Direttiva (2008/50/EC – EU) è eccessivamente elevato in condizioni pandemiche da virus respiratori, consigliamo di ridurre tale limite almeno di 10 punti. Pertanto, è necessario passare dai 40 µg/m3 per il PM10 a 30 µg/m3 e da 25 µg/m3 per il PM2.5 a 15 µg/m3», ha concluso il professore dell’Università Cusano.

(Fonte: AGI - Foto di copertina: Pixabay)

 

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