Ricerca italiana: scoperti geni che causano celiachia

Autore:
Redazione
20/06/2016 - 09:30

Passi avanti per la ricerca con una nuova scoperta riguardante i geni dei malati affetti da celiachia. La malattia nasce da un’infiammazione cronica che colpisce l’intestino tenue ed è scatenata dall’ingestione di glutine. Ma chi si ammala è geneticamente predisposto: l’ultima recente indagine rivela che, nel 95% dei soggetti che soffrono di celiachia, sono presenti determinati livelli di espressione dei geni, collegati alla reazione immunitaria al glutine del grano.

Il principale rischio per una malattia autoimmune, come questa, è presente nei geni Human Leukocyte Antigen (HLA). Nel caso della celiachia, il Consiglio nazionale delle ricerche ha rivelato che i geni coinvolti sono DQA1*05 e DQB1*02 , che producono la proteina HLA-DQ2.5. Ed è proprio questa proteina che porta all’attivazione delle cellule del sistema immunitario, dopo aver riconosciuto come estranee le sequenze pepditiche di glutine nei malati.

“I nostri risultati – spiega Giovanna Del Pozzo alla rivista Journal of Autoimmunity - supportano l'idea secondo cui l'espressione dei geni DQ2.5 è un importante fattore di rischio per la malattia celiachia. Lo studio dimostra che pazienti sia omozigoti sia eterozigoti, cioè in cui la variante, o allele di rischio, è presente su entrambi i cromosomi 6, o su uno soltanto, producono una quantità paragonabile di molecole HLA in grado di presentare i peptidi del glutine tossici”.

Ma non conta solo il numero di geni HLA. Le ricerche hanno evidenziato che anche le quantità di molecole di Rna prodotte da questi sono determinanti. In futuro, analizzando i livelli di espressione dei geni HLA, sarà possibile stabilire la predisposizione di ognuno alla celiachia.

Si tratta di un’importante ricerca. Al momento difatti l’unica cura alla malattia è una dieta aglutinata, che deve essere costantemente seguita. In particolare, sono soprattutto le donne ad essere affette, ma non mancano casi di celiachia anche tra gli uomini. I sintomi possono essere diversi: dalla diarrea al dimagrimento, dall’associazione ad altre malattie autoimmuni fino ad arrivare a sintomi extraintestinali. In  Italia, secondo l’Associazione Italiana Celiachia, l’incidenza della malattia sulla popolazione è dell’1%. Ma dati disarmanti riguardano il numero di malati: il 73% di questi non sa ancora di esserlo e, purtroppo, la celiachia, se non curata, potrebbe portare complicanze più gravi.

La mancata diagnosi, così come la diagnosi tardiva, può esporre i malati ad ulteriori rischi. Potrebbe essere colpito il sistema nervoso centrale e periferico, perché la mancata cura può portare a patologie autoimmuni ed idiopatiche. Ma le parti del nostro corpo più a rischio, proprio perché collegate all’ingestione del glutine, sono le pareti intestinali, che potrebbe subire delle alterazioni: in particolare per gli affetti di celiachia il rischio è quello di contrarre la digiuno-ileite ulcerativa e sprue collagenosica. La diagnosi tardiva potrebbe condurre anche ad una scarsa o del tutto assente risposta alla dieta aglutinata, che è in realtà l'unica cura per affetti da celiachia. Ultimo, ma non meno grave tra i rischi, è il linfoma intestinale. Si tratta di un linfoma che si sviluppa tra le cellule del sistema immunitario.

Purtroppo, non sempre è facile riconoscere la malattia. Spesso i sintomi della celiachia si manifestano in maniera differente da paziente e paziente e, per questo, possono essere confusi con disturbi di altre malattie. Occorre sicuramente consultare il medico e sottoporsi ad analisi del sangue. Se si riscontrano sintomi propri della celiachia, solitamente si esegue una gastroscopia con biopsia dell’intestino tenue, che aiuta a confermare la diagnosi.

 

C’è, inoltre, un legame evidente tra l’assunzione di glutine e lo sviluppo di malattie autoimmuni.Numerose ricerche hanno dimostrato che i pazienti, che sono particolarmente sensibili al glutine, hanno allo stesso tempo sviluppato alcune di queste patologie. Secondo uno studio del prof. Antonio Carroccio, questi pazienti rivelano di avere anticorpi anti-nucleo nel 45% dei casi: si tratta una percentuale molto elevata rispetto alla popolazione, che conferma la predisposizione a contrarre malattie autoimmuni. Nel 29 % dei casi, si tratta della tiroide di Hashimoto, così chiamata dal nome dello studioso che scoprì questa forma di tiroide cronica e autoimmune, che è tra le più diffuse patologie tiroidee.

 

 

A cura di Alessia Costanzo

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